Continua la nostra rubrica sulle catastrofi ambientali: oggi vi parliamo del disastro della Val di Stava che avvenne il 19 Luglio 1985 tra le montagne del Trentino Alto Adige.
Coloro che hanno qualche anno in più sulle spalle ricorderanno tutto. I più giovani, con ogni probabilità, saranno all’oscuro di quest’ecatombe. Ci troviamo in Trentino Alto Adige, al cospetto delle montagne della Val di Stava. Su uno di questi monti, chiamato Prestavel, sorgeva una miniera per l’estrazione di fluorite. Dal 1980 al 1985, anno della tragedia questa struttura fu presa in carico dalla società Prealpi mineraria.
Al di sopra del centro abitato di Stava già nel 1961 fu costruito il primo bacino di decantazione, dove veniva fatto riposare il materiale di scarto della miniera. Nel 1969 invece fu costruito il secondo bacino. I progetti iniziali limitavano a 9 metri la lunghezza dei loro argini ma la Natura venne sfidata, giungendo fino ai 50 metri.
Il disastro della Val di Stava del 19 Luglio 1985: la cronologia dei fatti
Alle ore 12.30 circa del 19 Luglio 1985, un grande boato sconvolse gli abitanti dei borghi adiacenti alla miniera. L’argine del bacino superiore crollò su quello inferiore, che a sua volta cedette. La massa formata da acqua, fango, limo e sabbia (180 000 metri cubi) scese dalla valle ad una velocità di 90 kilometri orari (25 metri al secondo). Il paese di Stava fu spazzato via quasi del tutto. Il crollo non implicò il coinvolgimento di altri paesi dato che la massa fangosa confluì nel torrente Avisio.
I soccorsi furono immediati e super efficienti ma le persone estratte vive dal fango furono pochissime. La furia e la velocità del fango non fece sconti: le vittime si attestarono sulla cifra di 267. I feriti invece ammontarono a 20. Per quanto riguarda i beni distrutti, essi furono 3 alberghi, 53 abitazioni, 6 capannoni e 8 ponti. I danni stimati invece furono calcolati sulle 300 miliardi di lire.
Responsabilità
Il processo penale si concluse solo 7 anni dopo, nel 1992, con la condanna di 10 imputati per disastro colposo e omicidio colposo. Essi erano i responsabili della costruzione e della gestione dei bacini di decantazione nonché alcuni responsabili del Distretto Minerario. Dalla sentenza del giudice-istruttore del Tribunale di Trento si può leggere:
“Se a suo tempo fosse stata spesa una somma di denaro e una fatica pari anche soltanto ad un decimo di quanto si è profuso negli accertamenti peritali successivi al fatto, probabilmente […] il crollo di quasi 170 mila metri cubi di fanghi semifluidi non si sarebbe mai avverato“.
Per ricordare altri disastri del genere o per scoprirne l’esistenza, vi consigliamo di dare un’occhiata alla SEZIONE “UN PO’ DI STORIA” del nostro sito.
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