Nel 1944, in provincia di Potenza, si è verificato quello che viene ricordato come il disastro ferroviario più grave nel nostro Paese: la ricostruzione dell’accaduto.
Il 3 marzo del 1944 si verificò un incidente ferroviario senza precedenti, nella galleria “Delle Armi”. Ci troviamo nei pressi della stazione di Balvano-Ricigliano (Potenza). Il numero dei morti fu spaventoso: oltre 500 e i sopravvissuti furono, invece, più di 50. Tristemente ricordato come l’incidente più grave per numero di vittime in Italia, a fare da cornice a questo terribile scenario la Seconda Guerra Mondiale. Ad essere interessato fu il treno merci 8017. Ripercorriamo tutte le fasi cruciali di quel terribile giorno e i punti interrogativi che permangono ancora oggi.
Era un pomeriggio di fine inverno, quando il treno merci 8017 partì da Napoli per raggiungere la stazione di Potenza. Il convoglio era trainato in un primo momento dalla locomotiva E.626, poco dopo sostituita da due locomotive a vapore alla stazione di Salerno.
Giunto alla stazione di Battipaglia intorno alle 18:00 di quello stesso giorno, il treno ripartirà alle 19:00 diretto verso il capoluogo lucano. Le locomotive erano rispettivamente: la 476.05 e la 480.016 ed il convoglio contava 47 carri merci.
Il treno continuava a percorrere chilometri e fermata dopo fermata arrivò ad Eboli dove furono fatte scendere alcune persone che non erano munite di biglietto. Ma poco dopo, la situazione peggiorò drasticamente: nessuno riusciva a fermare i passeggeri che continuavano a salire e si raggiunse l’elevatissimo numero di persone a bordo, ovvero 600. Complice la disperazione e la miseria dettata dalla Seconda Guerra Mondiale, che spingeva a tutti i costi a spostarsi per combattere la fame e la povertà.
Durante gli anni bui erano pochi i treni, dunque, si cominciò a viaggiare anche su questi vagoni. Purtroppo, però, niente e nessuno poteva fermare il grosso flusso delle partenze e, quindi, in possesso o meno del biglietto, chi riusciva saltava sul treno e cercava di spostarsi verso Potenza per cercare uno “spiraglio di luce”. Il convoglio arrivò con 37 minuti di ritardo alla stazione di Balvano-Ricigliano. E ripartì quasi all’una di notte del 3 marzo, il tratto, che avrebbe dovuto percorrere era noto per le pendenze e per le gallerie molto strette. Pochi chilometri separavano la stazione di Balvano-Ricigliano a quella di Bella-Muro, sul tragitto la galleria “Delle Armi”, il luogo che da lì a poco diverrà il teatro del gravissimo incidente.
Qualcosa, proprio in quel tunnel, andò storto. A causa di una serie di movimenti il treno non riusciva più ad essere controllato e proseguiva in senso opposto la marcia fino ad arrestare la sua corsa a circa 800 metri dall’uscita. A causa del passaggio di un treno avvenuto in precedenza la galleria era “pregna” di monossido di carbonio, concentrazione che peggiorò in modo esponenziale per via degli sforzi messi in campo dalla locomotiva che cercava di percorrere la risalita. Il personale di macchina fu il primo a pagare le gravi conseguenze: pochi istanti, e si ritrovarono al suolo privi di sensi. Pian piano, tutti i locali del treno furono invasi dal monossido di carbonio e raggiunsero i passeggeri, alcuni inermi non poterono fare nulla altri, invece, provarono disperatamente la fuga, rivelatasi inutile. Il treno cessò definitivamente di muoversi, ma il gas correva fra i vagoni del convoglio senza arrestarsi continuando a mietere vittime.
Oltre quattro ore dopo l’inizio del dramma, intorno alle 5, venne lanciato l’allarme alla stazione di Potenza attraverso un dispaccio che recitava: “Treno 8017 fermo in linea tra Balvano e Bella Muro per insufficienza forza trazione, attende soccorso”. Queste parole preannunciavano l’inizio di quella sarebbe stata definita “la più grave sciagura ferroviaria d’Italia”.
Il capostazione di Potenza Inferiore, a quel punto, si mosse immediatamente e fu preparata la locomotiva che partì intorno alle 5 del mattino del 3 marzo. Uno scenario drammatico quello che si trovarono di fronte i primi soccorsi: immagini che il Bel Paese fatica a dimenticare. Il bilancio della sciagura è di oltre 520 vittime, a causa delle esalazioni da monossido di carbonio, un numero rimasto indefinito ancora oggi. Dopo quasi 80 anni, rimangono dubbi e interrogativi sulla tragedia che, dunque, rimane avvolta nel mistero, ma impressa nella memoria. Le indagini furono difficili, anche per via del conflitto, e non si riuscirono a stabilire le dinamiche esatte dell’incidente ferroviario.
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