Il dissalatore può essere utile per risolvere il problema legato alla siccità. Al suo attivo ha numerosi pro e contro. È soluzione definitiva?
Il problema della siccità continua ad essere una piaga per l’Italia, che probabilmente se non si interverrà per tempo, diventerà più profonda di anno in anno. Con l’aumento delle temperature il tanto decantato clima mediterraneo sta somigliando sempre più a quello tropicale, con assenza di pioggia che si avvicina pericolosamente al continente africano. Il Po è diventato un fiumiciattolo, al punto che i cittadini locali nel suo letto ci giocano a bocce. E per “risolvere” il problema dalla Spagna arriva un dissalatore, con costi di gestione ed afitto di 70mila euro al mese.
Spese molto alte quindi, ma giustificate se servono a risolvere la crisi idrica. Il problema, oltre alla siccità, è che le acque dolci, che potrebbero essere purificate ed utilizzate come acque potabili, oppure utili per la coltivazione o al livello industriale come acque di raffrddamento, sono contaminate da un cuneo salino nella falda, che risale e apporta sale alle acque che ne sono prive. Il dissalatore servirebbe proprio a questo. A ridurre, se non azzerare, la quantità di sale nell’acqua. Ma è davvero una soluzione ottimale e conveniente?
Renzo Rosso, docente di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia al Politecnico di Milano, spiega alla rivista ohga.it come funziona un dissalatore e quando può essere utile. “Il dissalatore serve innanzitutto per l’acqua potabile, quindi non risolve la mancanza di acqua irrigua per la coltivazione, e poi soprattutto ha dei costi enormi per l’energia e dei problemi di residui rifiuti difficili da smaltire, tipo la salamoia”. Il docente di Milano non è convinto che possa essere una soluzione definitiva contro la crisi idrica su territorio nazionale. Il dissalatore può essere utile in condizioni al limite, come ad esempio le isole dove manca l’acqua e non ci sono alternative.
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Data l’enorme riserva di acqua salata nel pianeta in molti occhieggiano a questo tipo di soluzione. Tuttavia non può essere determinante per risolvere il problema su scala mondiale. Rosso spiega il perché: “Nei Paesi dove il dissalatore è stato usato per molti anni esistono studi scientifici che indicano come il fatto di non usare acque dolci naturali, ma acque dissalate può anche creare una mancanza di sali nelle coltivazioni con qualche problema di ordine sanitario“. Inoltre, da uno studio pubblicato nel 2007, emerge che “la desalinizzazione non solo separa i sali indesiderati dall’acqua, ma rimuove anche gli ioni essenziali per la crescita delle piante“.
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Quindi dissalatore sì o dissalatore no? La risposta come sempre è nel mezzo. Dati gli alti costi di gestione, e le problematiche annesse alla dissalazione, questo strumento può essere utile nelle condizioni estreme, dove l’unica alternativa è non avere affatto acqua. Per il resto si potrebbe cercare qualche alternativa meno costosa e soprattutto che non vada ad appesantire uteriormente l’ambiente.
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