Non ci sono più le mezze stagioni, recita un famoso modo di dire, ma anche quelle intere sono in difficoltà. Lo sanno bene le api in Italia che si sono trovate ad affrontare una vera e propria emergenza con un inverno anomalo e temperature molto più alte rispetto alla media stagionale. Proprio il caldo di quest’ultimo mese ha provocato il risveglio anticipato delle api italiane che credono di essere già in primavera e che potrebbero essere investite letalmente dal previsto ritorno di temperature molto più fredde.
I prati urbani sono già pieni di margherite e tarassaco, gli alberi sono in fiore e le api italiane si sono svegliate in anticipo grazie alle temperature miti di questo inverno, iniziando già a svolgere il loro lavoro di bottinatura ed impollinazione. Ma la primavera anticipata di febbraio rischia di essere fatale per le nostre preziose amiche.
Purtroppo con il tornare delle basse temperature i fiori già sbocciati rischiano di subire gelate, quindi di morire, lasciando a bocca asciutta le api italiane uscite dal milione e mezzo di alveari presenti su tutto il territorio, destinate anche loro a perire.
Alcuni dati su cui riflettere ci vengono dalla Coldiretti che ha realizzato un quadro sugli effetti dell’inverno troppo caldo che abbiamo vissuto in Italia.
In media una sola ape ogni giorno della sua vita si poggia su circa 7mila fiori e servono 4 milioni di ”visite floreali” per produrre un 1 Kg di miele. Tre colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura (per resa e qualità) dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri e i meloni.
In Italia esistono più di 50 varietà di miele che dipende dal tipo di ‘pascolo’ delle api: dal più diffuso millefiori al più pregiato miele di acacia, dal miele di arancia al miele di castagno e di tiglio dalla melata ai mieli da piante aromatiche come lavanda, timo e rosmarino.
Dato che le api sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente si fa sempre più chiaro il pericolo per la biodiversità e per le attività degli agricoltori. Ma a rischio c’è anche il lavoro di circa 60mila apicoltori italiani, ovvero la produzione stessa di miele. Produzione che ha già subito un duro colpo nel 2019, con circa 12 milioni di chili stimati, praticamente la metà rispetto all’anno precedente, mentre le importazioni sono state di 25 milioni di chili.
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