Le aree settentrionali del mondo sono sempre meno ventose e, pertanto, gli impianti di sfruttamento dell’energia eolica potrebbero subirne delle conseguenze negative in termini di minore produttività. La valutazione è sì piuttosto sintetica, ma a leggere gli studi compiuti dal Cnrs francese, vi è da chiedersi ancora una volta in che direzione stia procedendo l’ambiente naturale internazionale, sempre più influenzato dagli insediamenti urbani e dalla mano dell’uomo.
Lo studio transalpino rivela infatti che nel corso degli ultimi trent’anni il “Nord” del mondo (comprendendo in tale ambito le regioni settentrionali di Asia, America del Nord ed Europa) avrebbero “perso” dal 5% al 15% della forza del vento, come diretta conseguenza della maggiore “rugosità” del terreno.
Spiegamo meglio: i dati si riferiscono all’intensità media del vento, rilevata attraverso gli anemometri posti intorno ai 10 metri di altezza e, pertanto, in una sostanziale bassa quota. Questi dati sono fortemente influenzati da quanto è definito in termini di “rugosità” del terreno, determinata dagli insediamenti urbani, o dalla presenza di aree forestali.
Sia che sia la prima, sia che sia la seconda determinate, l’effetto è che gli impianti eolici presenti nel Nord del mondo potrebbero conseguire minori livelli di produttività, visto e considerato che – stando a quanto riporta il Cnrs francese – una riduzione del 10% nella forza del vento conduce l’impianto a una flessione della potenza prodotta pari al 30%.
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