Ci sono reali e concrete alternative all’energia nucleare giapponese? A porsi la domanda – oltre che milioni di cittadini in tutto il mondo – anche la CNN, che in un recente approfondimento successivo alla catastrofe che si è abbattuta sul Paese asiatico, cerca di fornire una risposta pratica alle conseguenze energetiche che potrebbero essere assunte all’interno dell’arcipelago nipponico.
La CNN avvia la propria analisi dall’energia eolica giapponese, ricordando come – ad eccezione di un impianto di sfruttamento dell’energia del vento vicino alla zona di Fukushima – tutte le unità stiano lavorando correttamente, garantendo così l’ideale continuità nella fornitura di energia elettrica.
L’energia eolica si sarebbe pertanto dimostrata come una delle fonti maggiormente affidabili anche in casi di estrema gravità quale quello che il Giappone sta attraversando.
Tuttavia, pochi paragoni è possibile effettuare tra energia nucleare ed energia eolica. Nella prefettura nella quale si trova l’impianto di Fukushima, sono installate 23 turbine in grado di produrre circa 46 MW di energia elettrica, in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 30 mila unità, ma pari all’1% dell’energia elettrica in grado di essere prodotta dall’impianto della Tepco divenuto tristemente noto.
Insomma, attualmente il Giappone riconduce circa il 24% della capacità produttiva energetica mediante il nucleare, il 13% tramite il petrolio, il 26% tramite gas, il 27% tramite carbone e l’8% tramite l’idroelettricità. All’energia solare e all’eolico andrebbe il restante 2%.
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