Migliorare la capacità locale di sfruttamento del vento: è questo l’obiettivo che l’arcipelago delle Hawaii vuole conseguire nei prossimi anni, al fine di ottenere un forte sviluppo in termini di capacità di produzione energetica dal segmento eolico. Un obiettivo non certo impossibile da conseguire, visto e considerato il significativo impatto degli alisei nella zona, che potrebbe nel contempo permettere all’area di ridurre sensibilmente le importazioni energetiche dai Paesi stranieri.
A ribadire quanto sopra è stata negli scorsi giorni il governatore delle Hawaii Linda Lingle, secondo cui lo Stato americano potrebbe raggiungere un target di produzione di energia elettrica da fonti pulite entro il 2030 pari al 70% del totale dell’energia utilizzata. Un obiettivo ambizioso, che può essere raggiunto non solo attraverso gli investimenti nell’eolico (e nelle altre energie verdi), ma anche attraverso un contenimento degli sprechi energetici e una conseguente maggiore efficienza energetica.
Al momento, però, la priorità sembra essere quella di potenziare la gamma di impianti eolici presenti nell’arcipelago, utili per sfruttare la forza dei venti alisei nella produzione di energia. Alla base di tutto, la già ricordata motivazione ecologica e, anche (o soprattutto?) una questione legata al portafoglio, se valutiamo che quasi il 90% del fabbisogno energetico della nazione viene soddisfatto attraverso l’esoso ricorso – e spesso, inquinante – da terze parti.
Ma quali saranno le prossime mosse ecosostenibili delle Hawaii? A detta di quanto comunicato dal Dipartimento Americano dell’Energia, verranno presto realizzati nuovi parchi eolici nelle aree (ben care ai surfisti) di Maui e Big Island. In un secondo momento è invece prevista la realizzazione di un modernissimo sistema di trasmissione elettrica per via sottomarina, che dovrebbe unire in un’unica rete le principali isole dell’arcipelago.
Immagine tratta da impresaeterritorio.it
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