Il vento è senza dubbio una delle fonti di energia pulita più sfruttate nel Mondo. Lo svantaggio principale dello sfruttamento dell’energia eolica risiede, però, nel fatto che i venti sono spesso deboli o poco costanti. Per questo motivo negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede il cosiddetto eolico offshore. Con questo termine ci si riferisce a parchi eolici realizzati in mare aperto.
In Europa e nel Mondo sono già molti i progetti legati all’eolico offshore già in attività, in particolare nel Regno Unito e in Germania. Anche l’Italia sembra essere finalmente pronta ad abbracciare questa nuova prospettiva, dopo anni di battaglie per le autorizzazioni.
Gli impianti eolici offshore hanno un funzionamento perfettamente analogo a quello degli impianti onshore (ovvero i “classici” impianti sulla terraferma). Questi consistono quindi in una serie di pale eoliche collegate a generatori che convertono l’energia del vento in energia elettrica. La differenza sta nel fatto che le turbine sono posizionate in mare aperto.
Le pale possono essere ancorate al fondale tramite dei piloni oppure essere sistemate su piattaforme mobili galleggianti. In questo caso si parla di eolico offshore flottante. Quest’ultima è la strategia migliore in quanto permette di posizionare le pale anche in luoghi dove il fondale è molto profondo e gli permette di spostarsi per “cercare” le correnti di vento più forti. I principali vantaggi dell’eolico offshore sono:
Lo svantaggio principale invece risiede nei maggiori costi di installazione e manutenzione, anche se il progresso tecnologico sta rendendo questa tecnologia sempre più abbordabile da un punto di vista economico.
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In Europa l’eolico offshore è ormai una realtà ampiamente consolidata. Il Regno Unito, ad esempio, dispone già di una decina di impianti funzionanti per un totale di circa 8 GW. Anche altri Paesi, come Belgio, Germania e Danimarca, dispongono di diversi impianti e continuano a puntare moltissimo su questa tecnologia. L‘Italia, al contrario, è in netto ritardo. Negli ultimi 10-15 anni sono stati molti i progetti presentati e poi naufragati nel mare della burocrazia italiana.
Già nel 2010 il PAN (Piano di Azione Nazionale) aveva stabilito l’obiettivo di costruire impianti per almeno 680 MW di potenza entro il 2020, mentre ad oggi non ci sono ancora impianti attivi. Il PNIEC, il piano nazionale sull’energia e clima approvato dal Governo a inizio 2020, ha fissato un obiettivo di 300 MW entro il 2025, da triplicare poi per il 2030.
Il primo impianto eolico offshore italiano è in costruzione a largo di Taranto e dovrebbe diventare operativo, seppur in netto ritardo rispetto alle attese, entro il 2021. Tuttavia la lentezza nell’iter burocratico di approvazione farà sì che il nuovo impianto sia già “vecchio”, poiché la tecnologia nel frattempo ha fatto passi da gigante.
Il progetto di punta dell’eolico offshore italiano è però quello del gruppo americano Toto. Il progetto prevede la realizzazione di un megaimpianto eolico da 2,8 GW nel canale di Sicilia, a circa 60 km dalla costa. Il parco dovrebbe essere composto da 190 turbine da 14,7 MW di potenza ciascuna con fondazioni galleggianti ancorate ai fondali, profondi tra i 100-900 metri. Le turbine saranno distanziate tra loro da 3,5 km, in modo da non influire in alcun modo sull’ecosistema e sulle rotte migratorie degli uccelli.
L’azienda americana, che ha previsto un investimento di 9 miliardi di euro sul progetto, spera di ottenere l’approvazione definitiva entro il 2023, per poi completare la costruzione entro il 2025. L’azienda sta portando avanti uno studio ambientale dettagliato e approfondito, in stretta collaborazione con gli enti locali e le associazioni ambientaliste. Queste ultime, in particolare Legambiente, WWF e Greenpeace, hanno pubblicato una nota congiunta in cui si sono dette favorevoli al progetto purché questo non vada ad intaccare l’ecosistema.
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