Una recente analisi ha fatto emergere come sempre di più nel nostro Paese le spiagge siano affidate ai privati e di conseguenza sempre meno quelle che garantiscono un accesso gratuito.
Con l’avvicinarsi dell’estate, molti italiani hanno già prenotato le proprie vacanze. La maggior parte, come accade ogni anno, opterà per il mare per concedersi qualche giorno o settimana di relax insieme ad amici e parenti.
Quella 2023, però, potrebbe essere un’estate anomala, non solo per il maltempo, ma anche per il turismo. Il caro prezzi che ha coinvolto le strutture ricettive e quelle della ristorazione, difatti, secondo alcune stime, potrebbe determinare un flop per il settore. A questo si sarebbe aggiunto, stando ad una recente indagine, il tasso di spiagge in mano ai privati nel nostro Paese.
Gli italiani si preparano ad affollare le spiagge. Nonostante l’arrivo dell’estate tardi ad arrivare, date le condizioni metereologiche avverse di questi giorni su tutta la Penisola, c’è chi ha già prenotato i propri soggiorni ed è pronto a partire per lasciarsi alle spalle lo stress.
I rincari degli ultimi mesi, però, hanno messo in allarme il settore turismo che teme un possibile flop per l’estate 2023. Le stime parlano di aumenti significativi per strutture ricettive e ristorazione che potrebbero indurre molti turisti a dover rinunciare alle proprie vacanze.
Alla situazione appena descritta si aggiunge il tasso molto alto di privatizzazione delle spiagge della Penisola. A far emergere la circostanza, un’analisi condotta dai colleghi del quotidiano Repubblica confrontando i dati del Demanio Marittimo e del dossier annuale di Legambiente. Dal confronto è emerso che il 50% delle spiagge italiane sarebbe in mano ai privati. Nel dettaglio, il 42% su un totale di 3.346 chilometri di spiagge accessibili sarebbe affidato ai privati, mentre un altro 8% è privatizzazione sotto altre forme. Cosa vuol dire? Semplice, chi vuole fare un bagno senza dover pagare dovrà recarsi nell’altra metà non privatizzata. Anche su queste, molto spesso, però, sono imposti altro tipo di divieti divenendo inaccessibili.
Uno degli esempi più lampanti della situazione appena descritta è quello relativo alle coste di Napoli, di cui sarebbe accessibile gratuitamente solo un’area di circa 200 metri rispetto ai 27 chilometri complessivi. Il capoluogo campano, però, non è l’unica dimostrazione. I colleghi di Repubblica hanno analizzato anche Jesolo, comune in provincia di Venezia e meta molto gettonata dai turisti. Qui la percentuale di spiagge in mano ai privati sarebbe del 68%.
Percentuali che salgono significativamente sino al 90% in alcune aree dell’Emilia Romagna e sino all’80% sulle coste della Liguria.
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