La ricostruzione dei fatti che sono iniziati lo scorso secolo ha portato alla condanna a 12 anni di reclusione per l’imprenditore Stephan Schmidheiny.
L’imputazione confermata lo scorso 7 giugno è di omicidio colposo aggravato. L’industriale elvetico Stephan Schmidheiny dovrà scontare 12 anni di reclusione e risarcire il Comune di Casale Monferrato ed i parenti delle vittime per decine di milioni di euro. La richiesta iniziale era di omicidio volontario, con conseguente ergastolo, derubricato poi a omicidio colposo volontario. Al centro della vicenda la fabbrica di Eternit, nome brevettato nel 1901 da Ludwig Hatschek. In realtà si tratta di cemento amianto. Eternit è un marchio registrato, che si rifà al latino aeternit, che vuol dire eternità. A rimarcare la solidità del prodotto.
E fu così che nel corso del Novecento diversi edifici e strutture agricole erano costruiti con questo materiale letale. La diffusione dell’eternit, resistente e costoso, arrivò fino agli oggetti di uso quotidiano, come la sedia da spiaggia. Dietro l’indistruttibilità però si nasconde qualcosa di davvero inquietante. L’elevato potenziale cancerogeno dell’amianto, capace di sgretolarsi e di ridursi in polveri sottili che inquinano l’aria.
Solo dagli anni Sessanta del Novecento iniziarono ad emergere le prime ricerche sulla pericolosità dell’amianto. L’opinione pubblica ne era stata tenuta all’oscuro fino a quel momento. Ed intanto le persone che lavoravano negli stabilimenti di Eternit o che vivevano nei pressi dei plessi industriali, iniziavano a morire. Di un particolare tipo di tumore: il mesotelioma pleurico. La cui causa poteva derivare solo dall’esposizione continuata alla polvere di amianto.
Le vittime si trovavano non solo in prossimità delle industrie. Alcune ricerche dell’epoca mostravano come nel tempo i tetti in Eternit iniziassero a sgretolarsi, rilasciando nell’aria la polvere letale. Nonostante ciò gli stabilimenti continuavano a funzionare. Operai che lavoravano, cittadini che respiravano aria inquinata. L’incubazione della malattia da esposizione di amianto arriva fino a 30 anni. Per cui gli effetti negativi sono iniziati ad emergere troppo tardi per salvare molte vite umane. Oltre 2mila le persone decedute solo nella zona di Casale Monferrato. Purtroppo, come registrato dai comitati locali, ogni anno continuano ad ammalarsi circa 50 persone. Nonostante gli stabilimenti ormai siano stati chiusi da tempo.
La battaglia di Casale Monferrato contro l’Eternit, anche se non è stata l’unica, è diventata rappresentativa. Dagli anni Settanta i sindacati dei lavoratori ed i comitati locali hanno iniziato a puntare l’indice contro i vertici degli stabilimenti, a conoscenza della nocività dell’amianto e responsabili della perdita di tante vite umane. Dall’inizio degli anni Novanta l’Eternit è stato vietato in tutta Italia ed in tutta Europa. Ma purtroppo non è sparito. È stato solo esportato in Paesi ancora più poveri del nostro e con minori mezzi di tutela: l’America del sud, in particolare il Brasile. E l’Eternit continuerà a mietere vittime.
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