Le recenti linee guida suggeriscono di mangiare con frequenza fonti di proteine di origine vegetale – alternandole con quelle di origine animale – poiché valide alleate per la nostra salute. Nelle tavole imbandite non si può quindi prescindere dalla presenza dei legumi, ad esempio dai fagioli: il loro basso contenuto di grassi li rende validi alleati delle diete che mirano alla perdita di peso.
Ma non solo, tale alimento si contraddistingue per altre nobili proprietà organolettiche. É ricco di: proteine (essenziali per il mantenimento e la riparazione delle cellule e dei tessuti), fibre (promuovono una sana digestione), vitamine (svolgono un ruolo importante nel funzionamento generale del nostro corpo) e fitosteroli (riducono i livelli di colesterolo). Bisogna però fare attenzione: per mangiarlo è imprescindibile attenersi a una indicazione.
Nel paragrafo precedente è emerso il prezioso – e riconosciuto – valore nutritivo dei fagioli. Ciò che è meno noto sono i rischi che derivano dal suo consumo, o meglio, da uno specifico (ed errato) modo di cibarsene.
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Mangiare fagioli crudi o poco cotti, anche in piccolissime dosi, può portare a intossicazioni alimentari, inclusi sintomi (che esordiscono a distanza di poche ore dal consumo) come nausea, vomito e diarrea. É quindi pericoloso; in alcuni casi mortale: l’intossicazione alimentare può rappresentare un serio rischio per la salute, soprattutto per coloro (giovani e/o anziani) che hanno un sistema immunitario compromesso.
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Tale alimento contiene infatti un composto chiamato lectina (un glicoproteine) presente in un’ampia varietà di alimenti vegetali comunemente consumati, che in natura funge da difesa naturale dei semi dei legumi nei confronti dei parassiti e degli agenti patogeni delle piante. Quella che si trova nei fagioli, la fitoemoagglutinina (PHA), è tossica
A differenza di quanto avviene con le intossicazioni causate da agenti patonegi (ad esempio l’ Escherichia coli), quella provocata dal consumo di fagioli crudi o poco cotti è facilmente prevenibile.
La tossina di cui abbiamo parlato può essere eliminata facendo bollire (cuocendo a 100 °C) i fagioli crudi per almeno 30 minuti (in modo tale da assicurarsi che il prodotto raggiunga una temperatura sufficiente, per un periodo di tempo sufficiente, per eliminare la tossina). Per questa ragione, le pentole a cottura lenta non devono essere utilizzate: non raggiungono il calore tale da annullare la presenza di fitoemoagglutinina.
Le linee guida della comunità scientifica suggeriscono di seguire una serie di passaggi per avere la sicurezza che il pasto a base di fagioli non si traduca in un’ “ultima cena”. Di seguito il vademecum:
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