Torna a far parlare il piano del Governo nei confronti della fauna selvatica e che descrive i sistemi di contenimento che si dovrebbero attuare
Che ci sia effettivamente o meno un problema di fauna selvatica in alcune zone del nostro Paese è qualcosa che andrebbe valutato numeri alla mano, senza lasciarsi prendere dai sentimenti momentanei e dai racconti che girano sui social. Soprattutto perché occorrerebbe, prima di passare a trovare una soluzione, analizzare quelle che sono le cause di una eventuale presenza di fauna selvatica in alcune zone.
A titolo esemplificativo, eliminare i cinghiali che arrivano nei quartieri di Roma con battute di caccia organizzate serve solo ad eliminare sul momento i cinghiali ma non va a analizzare il motivo per cui questi animali si spingono fino in città: mancanza di habitat, cibo di facile consumo sotto forma di rifiuti, fastidio provocato dalle attività umane. E lo stesso vale per i lupi, gli orsi, i cervi, i daini e così via. Ma a quanto pare il piano che rientra nel decreto del Ministero dell’Ambiente pubblicato lo scorso primo luglio sembra vedere la gestione della fauna selvatica solo come un problema da risolvere a tutto vantaggio solo allevatori e contadini. Perché per gli animali, ed è la denuncia senza mezzi termini fatta da ENPA, si tratta semplicemente di un piano “spara-tutto e ammazza-tutto“.
Con un comunicato stampa pubblicato sul suo sito ufficiale, ENPA, Ente Nazionale Protezione Animali, ha preso ufficialmente una posizione nei confronti del piano del Governo che dovrebbe servire a riportare un po’ di ordine nella fauna selvatica. Tra i molti punti critici che l’Ente Nazionale Protezione Animali rileva nel decreto, del Ministero dell’Ambiente ma, si sottolinea, varato insieme al Ministro dell’Agricoltura, c’è per esempio quello della individuazione stessa degli animali ritenuti appartenenti alla fauna selvatica.
Perché oltre a quegli animali che potrebbero ragionevolmente rientrare nella fauna selvatica, quindi cinghiali o lupi, nel decreto si apre alla eliminazione di qualunque specie ritenuta pericolosa, ma senza fornire ai criteri scientifici sottolinea ENPA, e soprattutto inserendo nella fauna selvatica anche quelli che sono chiamate “forme ibride presenti in natura” nati dall’accoppiamento di cani e lupi. E come sottolineato da ENPA “non sono ibridi ma cani meticci. Dunque cani“. Altro punto che dovrebbe far riflettere è ciò che accadrà delle carcasse degli animali uccisi. Il punto 3.1.13 del decreto prevede infatti “la commercializzazione su vasta scala della carne degli animali selvatici” il che significa in buona sostanza che non ci saranno probabilmente criteri con cui decidere quali esemplari abbattere e quali no dettati dalla loro eventuale pericolosità per l’ambiente o per l’uomo.
Quello che preoccupa ENPA, ma non solo, è che poi nel decreto si apre a battute di caccia portate avanti non soltanto da operatori specializzati appartenenti magari alle forze dell’ordine ma cacciatori e società private ingaggiate appositamente. Quelli che ENPA chiama “contractor per i selvatici“. E da ultimo c’è l’elemento relativo ai metodi di caccia che a quanto pare saranno tutti autorizzati: dalle trappole alle reti passando per le esche, i richiami vivi e addirittura arco e frecce. Come fa un piano che prevede l’abbattimento indiscriminato di tutto ciò che cammina e respira ad essere un piano di contenimento quando si tratta invece semplicemente di devastazione e distruzione di quel poco di biodiversità che ancora ci resta?
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