Tra i prodotti storici per la pulizia della casa vi è sicuramente il Cif, il cui flacone, purtroppo, invade le nostre spiagge sotto forma di rifiuto plastico.
Se pensiamo alle spiagge del Bel Paese ci vengono in mente luoghi paradisiaci, alcuni con ciottoli e scogli, altri con sabbia scura, altri ancora con sabbia chiarissima e fine. La presenza della sabbia, però, spesso e volentieri è sporcata da quella di rifiuti di ogni tipo prodotti dall’uomo. Oltre alle cicche di sigaretta, infelicemente immancabili quasi in ogni spiaggia italiana, troviamo anche e soprattutto rifiuti di plastica.
Stando a un’analisi di Legambiente, infatti, in 100 metri di spiaggia è possibile trovare una media di quasi 1.000 rifiuti, tra cui spiccano ad esempio bottiglie o contenitori per il cibo in plastica usa e getta, che vanno a inquinare fiumi e mari sottoforma di micro plastiche, cannucce, ma anche vetro e ceramica, metalli, indumenti, legno, gomma, bioplastiche, cibo e sostanze chimiche.
Archeoplastica: il progetto artistico con protagonista il flacone di Cif
E ve ne sono così tanti che l’artista Enzo Suma ha addirittura deciso di creare un museo virtuale in cui esporre alcune tipologie di rifiuti, tramite il progetto Archeoplastica. L’idea è quella di sensibilizzare sull’inquinamento dei mari causato dalla plastica, a partire dai vecchi rifiuti spiaggiati che è possibile trovare un po’ ovunque.
In particolare il flacone del Cif, noto prodotto di pulizia per la casa, è stato ritrovato in numerose versioni e formati, alcuni apparentemente uguali tra loro ma in realtà risalenti anche agli anni ’70, periodo in cui il prodotto fece la sua comparsa sul mercato per la prima volta. Ciò che stupisce, oltre alla quantità di flaconi di Cif rinvenuti in giro per le spiagge, è il loro stato di conservazione quasi perfetto.
Quanta plastica finiamo per mangiare? I dati spaventano
Non è un segreto, infatti, che il problema principale legato alla plastica sia quello del suo deperimento: ci basti pensare che servirebbero oltre 450 anni affinché un rifiuto in plastica si dissolvesse. Inoltre, lo sminuzzamento della plastica, che avviene già a partire dai fiumi, può risultare ancora più dannoso: specie marittime e fluviali finiscono infatti per cibarsi di quella stessa plastica, che finisce poi sulle nostre tavole seguendo un loop senza fine.
A confermarlo è uno studio risalente a 2021 ed effettuato da WWF e Università di Newcastle: secondo i dati raccolti, ogni settimana ciascuno di noi ingerisce circa 5 grammi di plastica, per una media spaventosa di oltre 260 grammi in un anno.