Anche la fossa oceanica di Atacama presenta quantità significative di elementi inquinanti persino a profondità considerevoli: vediamo insieme la scoperta che non promette nulla di buono
La contaminazione del Pianeta, perpetrata negli ultimi decenni, non ha risparmiato nessuna porzione di terreno, né nessun tratto di mare. La quantità di sostanze rilasciate è incalcolabile, considerando i miliardi di tonnellate di agenti chimici prodotti nel mondo. Molti di questi derivano dalle attività industriali, dalle estrazioni minerarie, dall’agricoltura e dai trasporti. Ma ogni attività umana purtroppo può essere fonte di contaminanti, come fare il bucato o spruzzare insetticidi.
I primi studi sulla tematica dell’inquinamento risalgono agli anni 70, ma ancora oggi non abbiamo tutte le informazioni relative alla persistenza, alle interazioni e ai rischi collegati. Le analisi effettuate hanno consentito di arrivare a stime approssimative, senza certezze. La minaccia per l’ambiente è concreta ed è globale, nessun territorio è stato risparmiato. Per abbassare i livelli di inquinamento è necessaria una regolamentazione dei processi produttivi più chiara ed efficace, in combinazione con le attività di riciclo e smaltimento ad hoc, nell’ottica di una sempre più urgente economia circolare.
Sul fatto che nessun luogo della Terra sia stato risparmiato dalla contaminazione di sostanze tossiche non ci sono molti dubbi e la recente scoperta scientifica avvalora questa tesi. L’Università di Stoccolma, con il suo team di scienziati ha, infatti, rilevato, all’interno della Fossa oceanica di Atacama, la presenza di inquinanti organici persistenti. Il sito si trova a più di 8mila metri di profondità nelle acque dell’Oceano Pacifico, di fronte alle coste del Cile.
Effettuando le classiche ricerche basate sulle analisi di campioni di acqua, sono state riscontrate le sostanze tossiche PCB, vale a dire i famigerati policlorobifenili. Il ritrovamento inaspettato convalida la teoria che purtroppo nulla impedisce agli elementi inquinanti di disperdersi ovunque, raggiungendo luoghi impensabili e erroneamente ritenuti irraggiungibili. Preziosi ecosistemi naturali unici al mondo, considerata la loro posizione e la loro funzione di depositi di materiale organico morto di cui si nutre il placton.
Certificata la presenza dei PCB, accumulati in sedimenti all’interno della fossa, si evincono le conseguenze immediate. Con la straordinaria ricchezza del placton nella zona, poi mangiato dagli animali marini, si configura l’aspetto più allarmante della situazione e cioè l’inevitabile compromissione della catena alimentare. Banditi a livello mondiale dalla produzione industriale per i loro effetti tossici cronici e cancerogeni, i PCB rappresentano quanto di peggio ci sia nel panorama delle sostanze tossiche prodotte dall’uomo.
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