Tracce di antichi pesci risalenti all’era del Cretaceo sono state rinvenute sul suolo italiano: la scoperta dei paleontologi apre nuove ipotesi di studio.
Risalirebbero addirittura al Cretaceo – terzo e ultimo periodo dell’era Mesozoica, compreso tra 145,5 ± 4,0 e 65,5 ± 0,3 milioni di anni fa – le tracce di antichi pesci recentemente scoperte in Italia. Si tratta di resti fossili datati a circa 130 milioni di anni fa. Un dato, quest’ultimo, che preannuncia già la necessità di condurre ulteriori studi sull’argomento.
La scoperta, come rivela l’Ansa, è stata effettuata da un team di ricerca internazionale, comprendente esperti delle Università di Modena, Reggio-Emilia, Genova, Pisa, Parma, e del museo di Storia naturale di Piacenza. A coordinare l’operato del gruppo, il paleontologo italiano Andrea Baucon, docente presso l’Università di Genova.
I risultati delle indagini effettuate sono stati pubblicati all’interno della rivista scientifica statunitense Pnas. Da parte del team che si è occupato di condurre il lavoro – operando nei pressi di città quali Piacenza, Modena e Livorno -, l’entusiasmo e la soddisfazione sembrerebbero irrefrenabili.
“Abbiamo impiegato dieci anni per essere sicuri delle nostre conclusioni” è quanto svelato da Baucon all’Ansa. La scoperta a cui sono pervenuti gli studiosi, tra l’altro, si dimostrerebbe essere soltanto il punto di partenza per nuovi e più approfonditi studi. I resti fossili rinvenuti sui fondali marini, nella fattispecie, consentono di retrodatare la colonizzazione degli abissi di ben 80 milioni di anni.
Il team di ricercatori guidato da Andrea Baucon (Università di Genova) ha impiegato ben dieci anni prima di trarre conclusioni rispetto alle scoperte conseguite nei pressi di città quali Piacenza, Modena e Livorno. Le tracce individuate sui fondali marini risalgono a ben 130 milioni di anni fa (epoca del Cretaceo inferiore) e rappresenterebbero la prima testimonianza di organismi vertebrati che popolarono le profondità degli abissi.
Come rivelato dagli studiosi che hanno condotto le indagini, a stupire è proprio il fatto che questo strabiliante ritrovamento retrodaterebbe la colonizzazione degli abissi di circa 80 milioni di anni. I resti fossili, che “precedono di milioni di anni qualsiasi altra prova di pesci di acque profonde“, sarebbero contemporanei agli stessi dinosauri. Pertanto, l’attività dei primi pesci sul fondale marino è ben più antica di quello che la scienza ha sempre creduto.
Nello specifico, sono stati trovati indizi di due diverse specie di vertebrati, le cui tracce sarebbero da ricollegare al tipico “grufolare” dei pesci. Si tratta del meccanismo attraverso il quale questi animali si procacciano il cibo scavando nel fondale marino, alla ricerca di organismi nascosti sotto la sabbia. In virtù di ciò, tra i resti fossili giunti fino a noi si annoverano scavi a forma di scodella (a riprova della suddetta attività), nonché incisioni che i corpi di tali specie hanno lasciato sul fondale fangoso.
La soddisfazione da parte del team di ricercatori al lavoro da ben dieci anni appare dilagante. “Le tracce fossili appena scoperte sono paragonabili alle impronte degli astronauti sulla Luna” è il commento di Baucon, i cui scopi iniziali erano ben diversi da quello che, in seguito, si sarebbe rivelato essere il fulcro dello studio.
Le ricerche condotte sui tre siti di Modena, Livorno e Piacenza hanno permesso di portare a galla resti fossili e tracce appartenenti al Cretaceo inferiore. Molto prima, in sostanza, che quello che noi oggi conosciamo come Mar Mediterraneo si formasse.
La paleontologia, di anno in anno, arricchisce le nostre conoscenze rispetto alle epoche storiche che ci hanno preceduti. Solamente qualche settimana fa, a questo proposito, vi avevamo dato contezza della scoperta fatta presso la provincia cinese di Anhui, dove erano stati rinvenuti i resti di un ominide di ben 300.000 anni fa.
Il ritrovamento di tali tracce, nella fattispecie, aveva permesso di riscontrare “una combinazione di caratteristiche mai osservate prima“. Una sorta di vero e proprio organismo ibrido, con fattezze e particolarità che non sono mai state rilevate in tutti i resti fossili di ominidi finora studiati.
Il caso appena citato, al pari di quello degli antichi pesci che, 130 milioni di anni fa, popolavano già i fondali marini, ci rammenta quanto le nostre conoscenze del passato siano tutt’altro che esaustive. Quanto altro ancora, verrebbe da chiedersi, dobbiamo scoprire in merito alle epoche che ci hanno preceduti?
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