Quella della fotosintesi artificiale è una scoperta che può riscrivere totalmente il futuro del cibo: è qualcosa di sensazionale, ecco in cosa consiste e qual’è lo scopo dei processi sperimentati
Sono stati degli scienziati delle Università della California a Riverside e del Delaware a Newark a dar vita ad un nuovo metodo, 18 volte più potente della fotosintesi naturale nel convertire luce solare, anidride carbonica e acqua in cibo. Questo sistema rivoluzionario, una vera e propria fotosintesi artificiale, può aiutare a soddisfare una crescente domanda di cibo senza dover espandere i terreni agricoli.
Secondo i ricercatori, questa formula può riscrivere il futuro del cibo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Nature Food” e ha dimostrato la capacità di una coltivazione con fotosintesi artificiale di lieviti, alghe, funghi e alcune piante come riso, fagioli, colza, pomodori, tabacco e piselli. Entrando più nel dettaglio, ecco in cosa consiste e perché può davvero aiutare il settore alimentare nei prossimi anni.
Fotosintesi artificiale: punto di svolta nella storia del cibo
Il sistema della fotosintesi artificiale, come hanno spiegato gli scienziati, sfrutta l’elettricità prodotta tramite pannelli fotovoltaici. L’obiettivo è quello di convertire acqua e Co2 in ossigeno e acetato, vale a dire una molecola organica ricca di carbonio e molto comune negli organismi viventi. Questo acetato ha permesso a organismi e vegetali di crescere al buio, in maniera totalmente indipendente dalla fotosintesi naturale. Gli esperti hanno dimostrato anche come questo processo può essere metabolizzato senza produrre effetti dannosi.
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Gli scienziati hanno condotto questo esperimento coltivando tre organismi: l’alga verde fotosintetica “chlamydomonas”, il lievito “saccharomyces cerevisiae”, utilizzato di norma nella produzione di alimenti e bevante fermentate, e alcuni funghi. Tutte le coltivazioni hanno sfruttato, con esito positivo, l’acetato come fonte di energia. Il naturale processo di fotosintesi è stato ignorato.
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Per incrementare e valorizzare la loro scoperta, gli esperti hanno proseguito il lavoro con coltivazioni di diverso tipo. Quel che ne è emerso è la capacità dell’acetato di portare la conversione di luce solare e c02 in cibo anche ad un +25%, rispetto all’1% dei processi biologici.