Chi abita a Fukushima e dintorni intende fermare il Governo giapponese che ha fatto sversare nel Pacifico un grosso quantitativo di acqua radioattiva.
L’acqua della centrale nucleare di Fukushima è stata sversata nell’Oceano Pacifico, con una decisione presa unilateralmente da parte del governo del Giappone. La cosa ha suscitato le vive proteste della Cina, la quale ha anche imposto il blocco delle importazioni di pesce dal proprio vicino. Tra i due Paesi i rapporti non sono mai stati eccellenti ed ora questa decisione danneggia non poco l’economia di Tokyo. Anche gli ambientalisti poi hanno ritenuto scriteriata la mossa delle autorità amministrative giapponesi di liberarsi dell’acqua contaminata in questo modo.
Il Giappone da par suo giustifica questa scelta parlando di livelli di radioattività che rientrerebbero all’interno dei valori di sicurezza ritenuti standard. La centrale di Fukushima è attualmente al centro di un piano di dismissione, dopo il drammatico incidente avvenuto l’11 marzo del 2011 e che fu originato da un forte terremoto con annesso tsunami.
Adesso i residenti della città di Fukushima hanno reagito presentando un esposto ufficiale con data all’8 settembre 2023 e che reca la firma di 150 persone. Non moltissime in base al numero di abitanti ma abbastanza per fare in modo che il ricorso possa avere una certa rilevanza presso le autorità locali. Un tribunale del posto è ora chiamato ad analizzare il documento per compiere le opportune valutazioni del caso. Con un rischio di radioattività da non sottovalutare la sicurezza di migliaia di persone rischia di essere seriamente compromessa.
I cittadini hanno denunciato in particolare il Governo e la Tokyo Electric Power, che gestisce la ormai dismessa centrale nucleare. La preoccupazione delle persone è che le operazioni per far defluire nell’oceano l’acqua radioattiva, cominciate ormai il 24 agosto scorso, possano causare dei pericoli ai pescatori ed ai prodotti annessi. Viene pertanto chiesto l’annullamento totale dei lavori. La Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) ha fornito le rassicurazioni del caso, che evidentemente ai locali non sono sufficienti. Ed un ministero giapponese ha persino mangiato del pesce di Fukushima in diretta televisiva, per dimostrare come non sussista alcun rischio per la salute.
E ci potrebbe essere anche una ulteriore citazioni il mese prossimo, per quella che appare come una situazione da non sottovalutare. Del resto in Giappone sono molto sensibili al nucleare, anche in virtù di quanto subito nell’agosto del 1945 con la distruzione di Hiroshima e Nagasaki a causa delle bombe nucleari sganciate dagli Stati Uniti al termine della Seconda guerra mondiale. Il totale coinvolto riferisce di un volume di più di un milione e trecentomila litri di acqua contaminata dai reattori nucleari smantellati. I quali, fino ad oggi, sono rimasti stipati in più di mille container disseminati nella zona.
A causa di un’onda anomala che non venne arginata del tutto dalle barriere presenti, ebbe luogo un allagamento degli impianti della centrale nucleare. Ne conseguì la distruzione dei generatori di emergenza che avevano il compito di alimentare l’impianto di raffreddamento di tre reattori nucleari oltre che il sistema di elettricità. Migliaia di persone, ben 154mila, dovettero abbandonare di colpo le loro abitazioni e dopo più di dieci anni in 36mila non hanno ancora potuto fare ritorno nelle rispettive abitazioni.
Quello avvenuto allora viene ritenuto un disastro nucleare quasi delle proporzioni di quello tremendo di Černobyl dell’aprile 1986. L’allarme emanato dalle autorità fu massimo, con il settimo livello proclamato, il più alto. Diverse furono le conseguenze di quanto accaduto a Fukushima, sia sociali e sanitarie che economiche, strutturali e legali. Ed ovviamente anche sull’ambiente ci fu e continua ancora oggi ad esserci un fortissimo impatto.
La nube radioattiva che ebbe origine dalla centrale finì con il contaminare l’aria circostante per chilometri e chilometri. Ed anche l’acqua del vicino Pacifico risultò inquinata da cesio, iodio e cobalto in una misura di quasi 127 volte più alta del limite massimo consentito. Fino ad arrivare ad una misura di radioattività alta più di 4400 volte il tetto di sicurezza prestabilito.
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