Il disastro nucleare di Fukushima del 2011 comporta conseguenze tutt’oggi: è stato infatti scoperto un pesce che possiede radiazioni 180 volte più alte rispetto la media.
Facciamo un balzo indietro nel tempo di 12 anni. Eccoci all’11 Marzo 2011 quando un gigantesco terremoto sottomarino sconvolge il Giappone. Sebbene il sisma non abbia causato grandissimi danni alla nazione, il maremoto scaturito dal movimento della Terra crea problematiche inaudite. Ciò che fornisce maggiori preoccupazioni al mondo è l’impianto nucleare di Fukushima Daiichi: ben tre reattori vengono gravemente danneggiati dalla forza delle acque.
Il disastro nucleare conseguente può essere tranquillamente paragonato a quello di Chernobyl del 1986. Ingenti quantità di materiale radioattivo infatti si sono velocemente sparse nelle acque dei mari che lambiscono lo stato Nipponico. A più di 10 anni dall’incidente, si rileva che più dell’85% dell’area risulta ancora contaminata da cesio attivo. Come ogni reazione a catena vuole, questo impatta in maniera drastica sullo stato di salute dei pesci e conseguentemente di noi umani.
La Tokyo Electric Power Company, azienda che tutt’ora gestisce la centrale nucleare di Fukushima, nel mese di Maggio ha portato a galla una scoperta sensazionale, purtroppo in termini negativi. Lo scorfano nero catturato nelle acque circostanti rispetto la struttura presenta livelli di cesio (isotopo radioattivo) pari a 18mila becquerel per chilo, ossia 180 volte più alto rispetto la media. Sempre secondo la società nipponica, nei fondali marini la situazione sarebbe ancora peggiore lambendo i 100mila becquerel per chilo.
Di recente, un funzionario della compagnia in questione ha rilasciato un’intervista molto significativa al “Guardian” dove si può leggere:
“Poiché l’acqua contaminata è confluita nel porto della centrale nucleare di Fukushima Daiichi subito dopo l’incidente, Tepco ha rimosso periodicamente i pesci dall’interno del porto dal 2012 utilizzando reti da pesca che sono state installate per impedire ai pesci di fuggire dal porto“.
È una scelta che sta facendo assai discutere nell’ultimo periodo ma gli esperti di settore rassicurano la popolazione. A breve infatti inizieranno le operazioni di rilascio nell’oceano delle acque immagazzinate in mille serbatoi all’interno della centrale. Bisogna sapere però che l’acqua in questione è stata trattata in modo da ridurre le quantità di trizio (materiale radioattivo). Inoltre si evidenzia che qualora un pesce dovesse imbattersi in un atomo di trizio e dovesse ingerirlo, ciò non comporterà nessuna problematica né per l’animale né in caso di consumo da parte degli umani.
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