Una speranza per risolvere (almeno in parte) l’inquinamento ambientale arriva dalla natura con un bruco mangia plastica e per la precisione con la larva della farfalla Galleria Mellonella, più comunemente conosciuta come camola del miele oppure come tarma della cera. Un team di ricercatori, infatti, ha identificato che la larva è in grado di digerire la plastica e che in futuro, quindi, potrebbe essere utilizzata per liberarsi dei rifiuti plastici.
Secondi gli studiosi canadesi dell’Università di Brandon, dunque, ad oggi questi vermi non possono essere considerati una soluzione immediata al problema dell’inquinamento, ma sicuramente sono un interessante punto di partenza per ulteriori ricerche future.
La plastica è un materiale artificiale, un prodotto sintetico che si degrada completamente solo in centinaia di anni. Se non viene bruciata, smaltita o riciclata correttamente, quindi, si riversa nell’ambiente danneggiandolo.
Al giorno d’oggi, infatti, i rifiuti plastici inquinano gran parte degli ambienti naturali come mari, oceani e fiumi. Questo perché qualsiasi oggetto che finisce in acqua (come, ad esempio, bottiglie, imballaggi e reti) è soggetto ad erosione e si decompone in microscopici pezzi. E questi piccolissimi frammenti vengono poi ingoiati erroneamente da pesci e da uccelli marini, causandone il soffocamento.
La varietà di larva scoperta dai ricercatori dell’Università di Brandon è dotata di particolari microbi intestinali che risultano essere essenziali nel processo di biodegradazione delle materie plastiche. Questi batteri, quindi, permettono al bruco di digerire anche il polietilene a bassa densità utilizzato in molti imballaggi di uso comune.
Dallo studio è emerso come l’apparato digerente di 60 larve possa consumare settimanalmente 4,5 pollici quadrati di plastica. Senza contare che i vermi utilizzati come campione sono sopravvissuti alimentandosi unicamente con la plastica stessa.
Sebbene queste larve non siano una soluzione immediata al problema dello smaltimento dei rifiuti plastici, gli studiosi si prefiggono di analizzare le loro caratteristiche intestinali per trovare delle valide soluzioni future.
Tuttavia, un possibile problema associato al loro utilizzo è legato alla gestione della sostanza tossica che i bruchi espellono quando si cibano di plastica. Quando si alimentano di rifiuti plastici, infatti, i vermi producono un alcool (il glicole) che a sua volta può risultare tossico.
Alla luce di questa possibile “controindicazione”, dunque, i ricercatori intendono procedere cautamente con le successive sperimentazioni, incrementando tuttavia i test e le verifiche, pur senza abusare dell’impiego dei vermi.
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