Sta girando in maniera virale la foto di un gatto dell’Amazzonia con colori simili ad un serpente. È una specie rara o una bufala del web?
Oramai il confine tra finzione e realtà si va sempre più assottigliando, come i grandi quesiti dei letterati e dei filosofi. E non serve il metaverso o i mondi paralleli. Basta osservare un po’ più da vicino le foto dei profili social. Tutte standardizzate, tutte con la medesima posa, tutte uguali insomma. Il no filters difatti è diventato un tag importante, dove l’assenza – e non la presenza – di correzione computerizzata ne è la peculiarità. E photoshop, anche con le sue impostazioni base può fare miracoli. In questo campo è entrato anche lo studio degli animali, con un caso recente per cui è diventata virale sul web la foto del gatto serpente dell’Amazzonia.
Che non è un ibrido tra un gatto ed un serpente ma, a detta del post che lo ha diffuso, una specie rarissima, anzi unica, di gatto selvatico che ha le sembianze di un serpente, esclusivamente per la sua coloritura. Ed il web, come spesso accade con le suggestioni collettive, è impazzito ed ha iniziato a far circolare a più non posso la famosa foto dell’esemplare unico.
Il web è convinto di sì, ma non esistono evidenze scientifiche, anzi, gli studi dicono l’opposto. Ed il buontempone che lo ha creato con Photoshop si starà facendo grasse risate osservando le reazioni del pubblico dei social alla sua ‘creazione’ virtuale. Senza dubbio, e questo si può notare osservando dettagliatamente la foto in questione, la manovra di Photoshop è stata di applicare sull’immagine di un gatto qualunque la ‘trama’ ed i colori del boiga dendrophila, un velenosissimo serpente dell’Amazzonia. E se si osserva da vicino la foto incriminata si possono vedere anche le squame sull’ipotetico pelo della specie unica di gatto. Dunque è chiaro che si tratti di una bufala.
Non c’è nulla di male nello sperimentare delle nuove ed immaginarie specie di animali con Photoshop, come il gatto serpente. Se non fosse che il click del web per la condivisione è davvero senza filtri. Per cui in un attimo si può creare un vero e proprio caso collettivo, che arriva ad essere disinformazione.
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