La riduzione delle emissioni derivanti dalle fonti fossili è una questione scottante in Australia, che è uno dei maggiori esportatori mondiali di carbone e gas naturale ed è uno dei Paesi con la maggior emissione di gas serra pro capite al mondo. Il governo australiano non sembra avere l’intenzione di fare passi avanti rispetto all’impegno preso nel 2015 durante gli accordi di Parigi di ridurre le emissioni dal 26% al 28% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030, nonostante molti Paesi adottino obiettivi molto più ambiziosi.
Alle crescenti critiche per non aver fissato obiettivi più ambiziosi per ridurre le emissioni di carbonio si è aggiunta la protesta di cinque adolescenti australiani che hanno deciso di presentare a tre enti delle Nazioni Unite una denuncia di violazioni dei diritti umani per l’inazione sul clima del governo australiano.
Proprio l’Australia è stata flagellata dagli effetti dei cambiamenti climatici, soprattutto a causa dei violenti incendi che hanno devastato parte dell’Australia sud-orientale da giugno 2019 fino a febbraio 2020. Un dramma ambientale che, oltre alla distruzione di più di tremila abitazioni e alla perdita di quasi 13 milioni di ettari di aree boschive, ha provocato la morte di 33 persone e di centinaia di migliaia di animali appartenenti a specie diverse.
Il rischio di incendi estremi in Australia è aumentato del 30% a causa dei cambiamenti climatici, secondo uno studio dei ricercatori di World Weather Attribution. Senza azioni concrete da parte dei governi, con la temperatura media globale che rischia di aumentare di 2 gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale, gli incendi potrebbero essere almeno quattro volte più frequenti rispetto al passato.
Il primo ministro Scott Morrison la scorsa settimana ha accettato di partecipare alla COP26, la conferenza sul clima di Glasgow, e sembra avere l’intenzione convincere i suoi colleghi del governo conservatore a fissare obiettivi più ambiziosi che prevedano di raggiungere emissioni zero entro il 2050. Una proposta che per il momento non ha avuto gli effetti sperati, con i suoi colleghi di governo che non sembrano disposti a fare passi in avanti.
I ragazzi che hanno presentato la denuncia, tra i quali ci sono membri della comunità indigena delle Prime nazioni e di quella delle persone disabili, sono convinti che l’obiettivo del governo australiano di riduzione delle emissioni entro il 2030 non sia sufficiente per garantire il diritto dei giovani di poter vivere in un ambiente salubre, esponendoli così al rischio di gravi danni causati dal cambiamento climatico.
La loro richiesta è chiara: i relatori speciali dell’Onu devono sollecitare il governo australiano a rivedere i propri obiettivi per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico e aumentare il target di riduzione delle emissioni per il 2030.
I giovani ribadiscono la loro convinzione che i cambiamenti climatici non rappresentano una questione da risolvere in futuro ma un problema già in atto, da affrontare con urgenza fin da subito. Secondo Hollie Kerwin , avvocato di Environmental Justice Australia, “fare appello ai relatori speciali è di per sé un atto significativo perché dimostra che questi giovani sanno quanto sia seria la posta in gioco e si stanno impegnando concretamente”.
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