Green bond, sono davvero vantaggiosi per le aziende e gli investitori? Un recente studio dell’Esma porta a galla la verità sull’argomento.
Al di là del ritorno positivo di immagine – sia per l’azienda che per gli investitori stessi -, i green bond (obbligazioni verdi) sono davvero vantaggiosi per le parti coinvolte nella loro emissione e sfruttamento? Un recente studio condotto dall’Esma (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) avrebbe portato a galla uno scenario molto distante dalle aspettative.
Stando a quanto rivelano i dati raccolti, le obbligazioni Esg – obbligazioni, cioè, volte a sostenere progetti ambientali, sociali e di sostenibilità – non si tradurrebbero in un “vantaggio sistematico in termini di prezzo“. Ciò, in altre parole, significa che al meccanismo dei green bond, spesso e volentieri, non corrisponde il risparmio auspicato a livello di costo del finanziamento.
Prima ancora di comprendere perché queste obbligazioni non starebbero dando i frutti sperati, cerchiamo di capire che cosa siano davvero i green bond, e quali siano le condizioni che ne consentono il rilascio.
Quando si parla di green bond – come specificato in un articolo de Il Sole 24 ore – si fa riferimento a delle obbligazioni verdi, rilasciate sotto forma di titolo di debito associato a finanziamenti “green”. Finanziamenti, cioè, che abbiano impatti benefici a livello ambientale, sociale e di governance (environmental, social and governance – Esg).
Si tratta di strumenti finanziari che sono andati incontro ad un tasso di crescita straordinario, a partire dal rilascio della prima obbligazione in Italia da parte di Hera (2014). Nello specifico, le suddette obbligazioni consentono a degli investitori di finanziare la realtà che emette il green bond; quest’ultima, che riceve così i fondi auspicati, deve impegnarsi ad investirli in progetti di sostenibilità e di tutela ambientale.
Oltre al ritorno di immagine riscontrato dall’azienda che si muove a sostegno del “verde”, per l’investitore i vantaggi dei green bond si traducono in un tasso di interesse, nonché nell’impegno, da parte della realtà o del privato che ha beneficiato delle obbligazioni, di restituire il prestito entro un termine stabilito.
Pur avvicinandosi ai bond tradizionali, le obbligazioni verdi presentano delle caratteristiche che li distanziano da qualunque altra tipologia di titolo di debito. La prima di queste caratteristiche, ovviamente, è il fatto di esser vincolati a progetti green e di sostenibilità ambientale (vedi il recente caso del Giappone).
In aggiunta, essi debbono essere accompagnati da una trasparenza nella rendicontazione, atta a garantire che i fondi messi a disposizione dagli investitori vengano utilizzati nella maniera adeguata. Infinite, i green bond sono generalmente certificati da organismi indipendenti, che ne garantiscono così la validità e la piena corrispondenza con gli obiettivi green del finanziamento.
I settori sui quali vanno ad agire le obbligazioni verdi sono molteplici: dalle energie rinnovabili alla lotta all’inquinamento, dall’efficientamento energetico alle infrastrutture ecologiche. L’intento dei suddetti titoli di debito, insomma, non è altro che quello di garantire l’attuazione di progetti di sostenibilità ambientale che vadano a vantaggio del pianeta.
Al netto di ciò, la domanda che rimane da porsi è un’altra: i green bond riescono davvero a soddisfare gli obiettivi prefissati? Si tratta di un meccanismo realmente funzionante, o dell’ennesimo buco nell’acqua finanziario?
Lo studio condotto dall’Esma a cui si accennava ad inizio articolo parla chiaro: il vantaggio in termini di prezzo che i green bond dovrebbero produrre, spesso e volentieri, disattende le aspettative. Ciò significa che, pur riuscendo tali obbligazioni a far gravitare attorno all’azienda un ampio ventaglio di investitori, non sempre ciò consente di ottenere significativi risparmi a livello di costo del finanziamento.
La ricerca dell’Esma si è concentrata soprattutto sull’aspetto greenium, e cioè sulla convinzione – non supportata dai dati – che sussistano condizioni meno onerose per tutte quelle imprese che scelgono di emettere obbligazioni verdi.
In realtà, l’aumento dell’emissione di debito con impronta sostenibile (+28% tra il primo semestre del 2023 e l’analogo periodo del 2022) è la chiara testimonianza del fatto che i green bond, pur garantendo un ritorno di immagine ad aziende ed investitori, spesso non comportino un vantaggio in termini di prezzo.
Pertanto, possiamo concludere che, alle cifre raccolte per sostenere progetti di sostenibilità, non sempre corrispondano tassi di interesse realmente contenuti.
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