Non abbassa la guardia Greenpeace sulle trivellazioni petrolifere nella regione artica, dove quella dei disastri ambientali è una questione abbastanza delicata e difficile, soprattutto per gli interventi in caso di danni. Si pensi, per esempio, alle conseguenze devastanti della marea nera nel Golfo del Messico.
L’ultimo blitz alcuni giorni fa, quando gli operatori dell’associazione di volontari si sono avvicinati alla piattaforma di Gazprom, nel mare di Pechora, nella Russia Nordoccidentale. I volontari sono riusciti a raggiungere la piattaforma e occuparla, dopo aver steso un enorme striscione con la scritta: “Stop alle trivellazioni nell’Artico”. Il presidio durerà per alcuni giorni e insieme ai volontari sarà presente anche Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International dal 2009.
L’obiettivo dell’occupazione di Greenpeace è quello di dirottare gli investimenti per le trivellazioni in Artico, per recuperare le perdite che stanno provocando danni irreversibili alle popolazioni indigene, le prime a pagarne le conseguenze.
LP
Contro l’Enel: vince l’associazione per l’ambiente
Greenpeace vince così la sua battaglia contro Enel: l’associazione per l’ambiente, infatti, è stata appena assolta dall’accusa di diffamazione che l’azienda di produzione di energia credeva di aver subito. I giudici, infatti, hanno stabilito che nell’ambito della campagna Facciamo luce su Enel Greenpeace non abbia sviluppato alcuna azione diffamatoria. I dati diffusi dai volontari, infatti, sono esattamente quelli rivelati dalle recenti ricerche scientifiche, quindi assolutamente fondati e autorevoli. L’associazione esulta e conferma che la propria battaglia non si fermerà.
I giudici sono chiarissimi al riguardo, parlando non di diffamazione ma di legittimo esercizio del diritto di critica. È netta dunque la sconfitta che Enel è costretta a incassare per causa di Greenpeace, visto anche il risarcimento richiesto di almeno 10 mila euro per ogni giorno in cui, secondo l’azienda, era stata svolta una campagna denigratoria. La sentenza dice, infatti, che i dati riportati sono conformi alla realtà e che dunque la campagna dell’associazione ambientalista ha tutto il senso di esistere, esprimendo e ribadendo così il diritto d’opinione e di critica. Un vero successo invece per Greenpeace, che può continuare a prestare la propria attenzione alla tutela ambientale e a manifestare contro chi adotta comportamenti ad alto impatto ambientale.
photo: uomoplanetario.org
E.F.
Greenpeace contro l’Enel: un morto al giorno a causa della CO2
Greenpeace si mobilita contro l’Enel e contro l’inquinamento da emissioni di CO2. Gli attivisti della nota associazione ambientalista hanno provveduto ad inviare 100.000 facsimili di bollette, per dimostrare quante morti premature avvengono nel nostro Paese in seguito alla produzione di energia elettrica a partire da fonti tradizionali, come il carbone. È stato calcolato che si registra una morte prematura al giorno. I danni sono valutabili in un anno pari ad 1 miliardo e 800 milioni all’anno.
Secondo uno studio realizzato da Somo per commissione di Greenpeace, Enel è risultata essere il killer numero 1 per tutto ciò che riguarda il clima. Nel nostro Paese ci sono 13 centrali a carbone, di cui 8 sono di proprietà di Enel. Le emissioni nell’atmosfera costituiscono il 30% del totale in tutto il settore termoelettrico.
L’azione di Greenpeace è stata definita “bollette sporche” ed ha l’obiettivo di mettere in evidenza i danni provocati da Enel.
Andrea Boraschi, responsabile della campagna “Energia e clima” di Greenpeace Italia, ha fatto notare: “Su 37,3 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel solo 2010, 26 milioni sono provenute dagli impianti Enel. Emissioni che superano di molto quelle dell’intero trasporto su gomma del nostro Paese”.
Enel non sembra intenzionata a cambiare strategia e nessuno avrà mai la possibilità di leggere sulle bollette tradizionali i danni ambientali provocati dal colosso dell’energia elettrica. La consapevolezza degli Italiani potrà essere ritrovata grazie alle “bollette sporche” recapitate da Greenpeace. Sulla consapevolezza d’altronde si può costruire la salvaguardia dell’ambiente.
Enel killer, Greenpeace accusa l’azienda di morti premature
Gli attivisti di Greenpeace hanno voluto sensibilizzare l’opinione pubblica sui risultati a cui ha condotto una ricerca, che mette in evidenza i danni alla salute e all’ambiente determinati dall’utilizzo del carbone da parte di Enel. Greenpeace ha voluto mettere in scena una manifestazione plateale presso la centrale Federico II di Brindisi. Nei campi che circondano l’impianto Enel è stata disegnata una grande sagoma che raffigura un cadavere a terra con la scritta “Enel killer“.
Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace, ha specificato: “Siamo qui per ricordare agli azionisti di Enel che l’uso del carbone da parte del loro gruppo, in Italia, fa danni per circa 1,8 miliardi di euro l’anno e causa una morte prematura al giorno. Enel è soggetta a controllo pubblico da parte del ministero del Tesoro, ma in Italia vuole spendere poco e male, per realizzare solo nuovi impianti a carbone, avvelenare ulteriormente il Paese e deprimerne economia e occupazione“.
Il segreto sarebbe quello di puntare sulle energie rinnovabili, in modo da garantire un impatto ambientale adeguato. Greenpeace ha preso in considerazione i dati che si riferiscono alle emissioni degli impianti Enel nel 2009: si è verificato che ci sono 366 casi di morte in più, relativi a mortalità prematura.
Danni veramente ingenti per la salute e per la sostenibilità ambientale. Greenpeace infatti accusa Enel di determinare anche dei danni contro il clima. Per saperne di più su questi danni si può consultare nel dettaglio il sito FacciamoLuceSuEnel.org.
Greenpeace intende sottolineare che l’Enel è l’azienda ad essere maggiormente imputata in Italia per ciò che riguarda le emissioni di anidride carbonica. Per questo gli esponenti della nota associazione ambientalista chiedono proprio ad Enel di procedere al dimezzamento della produzione di energia elettrica dal carbone a partire da ora fino al 2020, in modo da poter arrivare all’eliminazione completa dell’uso del carbone nel 2030.
Allo stesso tempo gli investimenti sulle fonti rinnovabili potrebbero compensare le perdite di produzione, per costruire un ecosistema più sano, più pulito e meno nocivo per gli uomini che lo abitano. In effetti la questione non può essere affatto ignorata, perché è di importanza estrema per la salvaguardia dell’ambiente.