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Hibaku jumoku, l’albero sopravvissuto alla bomba atomica

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Era il 6 agosto 1945 quando il mondo capì quanto l’uomo possa essere distruttivo. Segno di speranza, l’albero sopravvissuto, i Hibaku jumoku

Gli alberi sopravvissuti alla bomba atomica
Albero sopravvissuto (Foto Facebook Marzia Bertossi)

Se la storia insegna l’essere umano non è di certo un bravo studente. Si continuano a ripetere gli errori di un passato che si pensava poter tenere lontano dal presente, ma che ad oggi lascia solo una vana speranza richiusa dei cuori di chi ha ancora fede nel genere umano. L’uomo è capace di atti incredibili, scopre cure per malattie che si pensavano essere incurabili ed è capace di gesti meravigliosamente altruisti. Purtroppo poi c’è la corsa al potere, che accecante per gli occhi dei potenti fa si di dimenticare quali conseguenze i loro gesti, possano realmente portare.

Era il 6 agosto 1945, precisamente le 8:15 di un giorno che il mondo intero non potrà mai dimenticare e che ancora oggi commuove e fa stringere le persone per ricordare. In questa data la bomba atomica Little Boy, venne sganciata dall’aeronautica militare statunitense sulla città di Hiroshima, seguita solo 3 giorni dopo da un’altra bomba atomica questa volta sulla città di Nagasaki. Le vittime furono quasi del tutto civili e il numero si stima essere intono le 220.000 persone. A causa della distruzione che portò con se questa decisone, ad oggi è stato il primo e solo attacco in guerra nel quale si siano utilizzate queste armi.

Hibaku jumoku, l’albero sopravvissuto dove ormai non c’era più niente

Hibaku jumoku (Foto Facebook Andreina Chessa)

Lo scienziato Harold Jacobsen del Manhattan Project, sosteneva che nei luoghi colpiti dalla bomba atomica e nelle loro vicinanze, non ci sarebbero state forme di vita per i successivi 75 anni. Un arco di tempo estremamente grande, quasi l’intera vita di un’essere umano. La natura però ha sorpreso tutti, dimostrando che probabilmente anche quando non c’è più speranza, un piccolo barlume di ottimismo deve esserci. E’ bastato un anno e durante la primavera successiva alla bomba atomica i primi germogli iniziarono a farsi vedere su alberi sia a Nagasaki che Hiroshima, nonostante fossero all’interno del raggio di 2 km dall’esplosione.

Le parti interrate degli alberi probabilmente sono state protette dallo strato di terra, o magari il lato del tronco non irradiato è stato protetto dallo spessore del tronco stesso. “Uno studio degli anni ’70 riportava addirittura di alberi sopravvissuti in un raggio di 500 metri dall’epicentro, un fatto straordinario perché si pensava che all’interno di quell’area non potesse sopravvivere nulla” riporta Focus.it le parole del  direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell’Università di Firenze e fisiologo vegetale Stefano Mancuso “quegli esemplari sono rinati perché le piante non sono un “unico organismo”, come gli animali: si sono invece evolute in uno schema che potremmo definire “modulare” per sopravvivere alla predazione di animali capaci di nutrirsi anche del 90% di una pianta“.

Ad oggi questi alberi vengono chiamati hibaku jumoku, ‘albero sopravvissuto’ e sono stati registrati ufficialmente come “alberi colpiti dalla bomba atomica”. Ogni albero ha una propria targa. Solo ad Hiroshima sono di 32 specie differenti per un numero totale di 170. Tra di oro c’è quello più vicino all’esplosione, un salice piangente, che nonostante sia stato quasi del tutto distrutto è rinato. I semi di questi alberi vengono piantati in Giappone e nel mondo, un simbolo sia della distruzione ma anche della speranza.

Nel Parco memoriale della pace ogni anno ad Hiroshima vengono commemorate tutte le persone che non sono sopravvissute. Alle 8 e 15 viene osservato un minuto di silenzio proprio nell’esatto momento nel quale tutto è cambiato. Stretti insieme si ricorda il passato con la speranza che non capiti mai più. L’attuale situazione geopolitica spaventa e non solo per quello che sta capitando vicino al nostro Paese. In tutto il Mondo si combattono guerre e a quanto sembra l’orrore vissuto nel passato non è abbastanza per fermare tutto questo.

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