Basta coltivare per anni un terreno agricolo per diventarne il proprietario. Vediamo che cosa dice la legge a tal proposito.
Non è raro che in alcune circostanze la proprietà di un terreno agricolo non sia del tutto chiara. Soprattutto nelle situazione di appezzamenti lontani dalle vie di circolazione principali o dai centri abitati. In un contesto come quello attuale, dove le campagne appaiono spopolate, è una situazione che si verifica frequentemente.
In passato circostanze simili avvenivano soprattutto in presenza di grandi latifondi, quando i proprietari se ne disinteressavano e i confinanti ne approfittavano coltivando parte di essi. Ne nascevano dispute legali e lunghi processi civili. Oggi la situazione è alquanto cambiata, attraverso il catasto è possibile conoscere immediatamente chi è il proprietario di un terreno. Ma cosa succede se quel terreno è apparentemente abbandonato e coltivato per anni da un’altra persona, che non sia il proprietario, che lo mette a frutto?
Terreno coltivato, diventa di proprietà di chi lo lavora?
Qualora un bene è utilizzato da una persona come fosse il proprio, per almeno 20 anni, mentre la proprietà è di un altro soggetto, ne può diventare comunque il proprietario. Si tratta del meccanismo noto come usucapione, stabilito da un Tribunale dopo una causa contro il propretario formale del bne in questione. Comunque l’utilizzatore deve riuscire a dimostrare che si sia comportato pubblicamente come titolare del bene.
Una situazione così può verificarsi in caso di coeredità di un terreno, dove un erede coltiva un terreno per molto tempo sena l’intervento degli altri eredi. Ma questo non è sufficiente a far scattare l’usucapione. In ambito ereditario, ciascun coerede che possiede una quota, può fare del bene ciò che vuole, purché non impedisca agli altri coeredi di fare altrettanto. Non basta quindi coltivare il terreno per arrivare all’usucapione.
Per la Cassazione la coltivazione ventennale di un terreno non è sufficiente per far scattare l’usucapione. Serve qualcosa che impedisca al proprietario di accedere al fondo, come la costruzione di una palizzata o di una recinzione. Questo vale anche in caso di coeredità: perché un coerede possa impadronirsi di un terreno agricolo in successione deve impedire l’utilizzo del bene agli altri coeredi.
Questo principio vale in tutti i casi, non solo per le successioni, la coltivazione di per sé non basta a far scattare l’usucapione, perché non esprime in maniera inequivocabile la volontà del coltivatore di possedere il bene. Ci devono essere altri comportamenti che consentano di capire che l’attività sia svolta come se il coltivatore fosse il solo proprietario.
Quindi se il proprietario di un bene abbandona apparentemente un terreno, non basta che un’altra persona lo coltivi anche per 20 anni per far scattare il meccanismo dell’usucapione. Ci devono essere altri comportamenti pubblici che rendano di fatto incompatibile l’uso altrui.