Le Isole Maldive sono spesso conosciute per le loro spiagge dorate e il mare cristallino, molto di meno per i rischi che corrono a causa dei cambiamenti climatici e dello scioglimento dei ghiacciai. Potrebbe non essere solo fantascienza o uno scenario apocalittico l’idea di vedere questo paradiso spazzato via dalle mappe geografiche, con un impatto ambientale devastanti. E migliaia di profughi, che dicono che emigreranno in Australia.
È proprio la terra dei canguri, infatti, la meta che i maldiviani sceglierebbero in caso di un disastro ambientale imminente. A dirlo è il cittadino più autorevole, il presidente Mohammed Nasheed: in una recente intervista, infatti, ha affermato che i suoi conterranei potrebbero chiedere asilo all’Austrialia per ragioni climatiche.
Un ecosistema così delicato è infatti messo a dura prova dall’innalzamento del livello del mare, da mutamenti climatici repentini e spesso bruschi, oltre che da un turismo sempre più di massa, invasivo e poco attento ad un possibile sviluppo sostenibile. È chiaro che il settore delle vacanze è quello più produttivo nell’area, ma senza una politica di turismo sostenibile e di tutela ambientale adeguata l’area può risultare -nel lungo periodo- definitivamente compromessa.
Nella zona delle Maldive, infatti, la costa non supera il metro sopra il livello del male e ben 220 isole risultano già disabitate a causa dell’inarrestabile erosione delle coste. Il governo maldiviano sembra essere tra i pochi coscienti dei rischi tangibili e si sta già mobilitando per acquisire terreni in India e Sri Lanka (oltre che, appunto, in Australia) per effettuare il trasferimento dei 320mila abitanti.
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