Uno studio dell’Università di Parma cambia la prospettiva e spiega che i terremoti si possono prevedere: cerchiamo di capirne di più.
Il 2024 potrebbe rappresentare l’anno di svolta nella comunità scientifica e in particolare per quelli che sono stati gli studi sinora portati avanti di geofisica e geologia, sulla prevedibilità dei terremoti. Molto si è discusso su questo tema e uno dei luoghi comuni è che ad esempio ci siano animali in grado di prevedere un terremoto poco prima che questo avvenga.
La comunità scientifica si è anche di recente interrogata sulla formazione dei terremoti e sulle sue cause, arrivando in più occasioni a conclusioni diverse. Un punto fermo a queste ricerche sembra metterlo adesso uno studio dell’Università di Parma, che ha osservato quanto avvenuto prima del terremoto de L’Aquila del 6 aprile 2009. In realtà, gli studi sono due e il primo autore è il professor Giampiero Iaffaldano.
Cosa dicono gli studi dell’Università di Parma sulla possibilità di prevedere i terremoti
Il docente di geofisica del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale della suddetta università ha infatti studiato anche il terremoto del Sichuan, in Cina, datato maggio 2008, ed è pressoché giunto alle medesime conclusioni, in sinergia col suo team di ricerca. Per approfondire gli abstract di questi due studi, vi consigliamo di proseguire qui oppure a questo link della rivista Nature.
In maniera molto semplice, cerchiamo ora di spiegarvi che cosa sostiene il docente di geofisica dell’ateneo parmense, insieme ai suoi collaboratori: l’assunto di base e principale novità oggetto degli studi è che col sistema GPS, ovvero quello comunemente usato ad esempio dai navigatori o dai nostri smartphone, è possibile rilevare segnali associati ai terremoti. Questo non avviene a qualche secondo dalla scossa, ma addirittura molto prima.
Negli anni, a causa dei tanti terremoti che sono avvenuti sui nostri territori, molti sanno come questi avvengono, ovvero la Terra è un mosaico di placche tettoniche, che si muovono in diverse direzioni e a varie velocità, generando un lento accumulo di energia, che poi viene rilasciato improvvisamente dalle scosse. Dai recenti studi, emerge che non solo i moti tra placche alimentano la genesi dei terremoti.
Cosa è accaduto prima del terremoto de L’Aquila
Infatti, spiega Iaffaldano in una nota, il ciclo sismico “è in grado di modificare il moto di intere placche tettoniche”, questo “viene misurato negli anni attraverso reti di stazioni GPS dislocate a centinaia o addirittura migliaia di chilometri di distanza da quello che sarà in seguito l’epicentro”. Per farla breve e comprensibile a tutti, grazie a questo sistema di GPS si possono misurare i moti delle intere placche.
Prendiamo a esempio il terremoto de L’Aquila: il moto della placca Adria, che chi abita sugli Appennini conosce tristemente bene, nei sei anni precedenti la scossa è rallentato del 20%. Dunque, è la conclusione del docente dell’ateneo parmense, “ci sono segnali potenzialmente precursori anche anni prima e a grandi distanze dai grandi terremoti”. Segnali che evidentemente possono consentire di mettere in sicurezza i territori.