Si poteva prevedere ed evitare. 268 le persone morte in pochi secondi dopo che una coltre di fango e detriti li aveva sommersi. La Val di Stava piange ancora le sue vittime.
Il disastro poteva essere evitato. Questo è uno di quei casi in cui il profitto delle aziende viene anteposto alla sicurezza della popolazione. E purtroppo non è l’unico. La Val di Stava di trova in Trentino. Al di sopra di essa era stata aperta una miniera, che ha preso il nome del monte, Prevastel. Già nel 1934 il sito minerario era considerato di cruciale importanza, in quanto consentiva l’estrazione di fluorite, materia prima molto sfruttata in ambito siderurgico. Il Ventesimo secolo non fu quello dell’iniziazione. Già dal Sedicesimo secolo in quella miniera venivano estratti, con modalità rudimentali, metalli quali la fluorite argentea.
Nel Ventesimo secolo la miniera è passata nella mani della Montecatini, diventando così da una piccola miniera un importante sito di riferimento. le tecniche di estrazione e di pulizia della fluorite hanno permesso di estrarre il materiale con il più alto tasso di purezza possibile. Per fare ciò, l’ultima fase consisteva nell’utilizzo di bacini di acqua, i quali ovviamente dovevano essere in seguito scaricati a valle. Il progetto prevedeva anche la creazione di un supporto di 9 metri, che non poteva essere chiamato diga perché all’epoca le dighe erano al di sopra dei 10 metri per legge. Di conseguenza non sono state messe a punto le necessarie misure di sicurezza nella costruzione né tantomeno nella manutenzione.
Fatto sta che l’amministrazione locale ha dato l’assenso per la costruzione della diga, che nel tempo è stata alzata di parecchio, fino a raggiungere i 25 metri. La popolazione che si trovava nella Val di Stava, sottostante la miniera, ha espresso le sue perplessità, e l’amministrazione ha richiesto una perizia sulla sicurezza. I tecnici facevano parte della stessa società che possedeva la miniera, che da Montecatini all’epoca si era chiamata Montedison.
Nonostante fossero pagati dall’azienda, gli stessi periti hanno espresso dei dubbi sulla sicurezza della diga, anche tenendo presente che gli scarti di acqua di altri siti si riversavano in quel luogo, dove la diga non era stata costruita per sopportare quel carico di materia e dove la pendenza era eccessiva. Ed allora è stata ridotta leggermente la pendenza. Intervento che ovviamente non è bastato ad evitare il disastro.
Alle 12:22 del 19 luglio 1985, in un attimo l’argine del bacino di decantazione superiore si è infranto, travolgendo quello inferiore, che a sua volta ha ceduto. Una massa di 180mila metri cubi di fango ed acqua sono fuoriusciti alla velocità di 90 Km orari, travolgendo la popolazione. Uccidendo praticamente sul colpo quasi 300 persone, tra abitanti e residenti dell’albergo locale.
I soccorsi sono arrivati immediatamente, ma invano. Le persone travolte erano praticamente tutte morte. In seguito alle indagini sono state accertate le responsabilità penali di 10 persone, condannate per omicidio colposo ed omicidio colposo plurimo. Altre personalità dell’azienda sono state costrette a risarcire io parenti delle vittime. Sul luogo del disastro si trova il cimitero monumentale delle vittime della Val di Stava.
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