Un operaio dell’Ilva di Taranto è rimasto coinvolto in un incendio scoppiato, ieri, all’interno del reparto di Gestione recupero ferro, appartenenti ai reparti messi sotto sequestro dalla magistratura. L’uomo, il 34enne Giuseppe Raho, ha subito ustioni di primo grado dopo essere stato colpito delle scorie incandescenti di un contenitore paiolà, mentre si trovava a bordo di un’escavatrice. Immediati i soccorsi, l’uomo è stato trasferito nell’infermeria dello stabilimento. Sembrerebbe che le condizioni dell’uomo non siano gravi. Stando a quanto reso noto nella serata di ieri, l’operaio si trovava a eseguire delle operazioni di svuotamento del contenitore la paiola, all’interno del quale erano contenute scorie prodotte dall’Acciaieria 2, durante i processi di formazione delle bramme. L’esplosione delle scorie sarebbe stato provocata dal contatto delle stesse con il terreno umido.
I dati sanitari nell’area di Taranto sono del tutto allarmanti se messi a confronto con quelli dello scorso anno. Nel primo semestre del 2012, infatti, si sarebbe registrato un aumento drastico di ricoveri per patologie tumorali su tutto il territorio dell’Asl di Taranto, il 50% in più rispetto ai dati del primo semestre del 2011. I dati sono stati resi noti da Rossella Moscogiuri, responsabile controllo spesa farmaceutica dell’Asl, durante il congresso della Federazione italiana medici di medicina generale a Villasimius.
LP
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Clini: “Basta proroghe, autorizzazione ambientale entro il 17 ottobre”
Ormai il tempo è scaduto all’Ilva di Taranto e risultano ancora inaccettabili le richieste di uno slittamento della conclusione della procedura di Aia, per lo stabilimento. La data rimane, pertanto, quella fissata, ovvero il 17 ottobre, come sottolineato dal ministro per l’Ambiente Corrado Clini.
Si teme che l’ennesimo rinvio possa consentire di rivedere quanto incluso nel provvedimento, mentre secondo il ministro Corrado Clini, una trattativa non sarebbe più possibile. La notizia è stata comunicata a mezzo di una nota ufficiale pubblicata sul sito del ministero.
Si sarebbe dovuta concludere il 21 settembre scorso, la procedura per il riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale, avviata il 15 marzo scorso. Al fine di permettere un confronto con la Regione, gli enti locali e le associazioni ambientaliste, avevano ottenuto una proroga al 30 settembre.
Tempo scaduto e non più rinviabile quello fissato per il 17 ottobre prossimo, pertanto le richieste di proroghe presentate nel corso degli ultimi giorni con l’obiettivo di aprire una trattativa sui contenuti del provvedimento, non saranno più accettate e o giustificate.
Le polemiche continuano incessantemente, anche Nichi Vendola, Governatore della Regione Puglia, nel corso di un incontro con una rappresentanza sindacale per discutere sulla questione Ilva e cercare alcune soluzioni. Parole crude ma dirette quelle del governatore che cerca di mantenere una posizione neutrale e nell’interesse di tutti i cittadini, sia quelli che non vogliono perdere il posto di lavoro sia quelli preoccupati per le esalazioni tossiche emanate dai camini dell’Ilva.
Proprio nel suo discorso Vendola avrebbe citato i casi di cancro, anche infantile, che si stanno verificando negli ultimi tempi in città, evidenziando, dunque, la necessità di un intervento il prima possibile.
Continuano le proteste dopo la decisione del gip
All’Ilva di Taranto continuano le proteste accese degli operai per la difesa dei diritti dei lavoratori. Sul camino E312 gli operai si sono incatenati e hanno iniziato lo sciopero della fame e della sete, mentre altri lavoratori hanno deciso di trascorrere l’intera notte a 60 metri d’altezza, sulle torri dello stabilimento. La situazione diventa sempre più delicata, specialmente dopo che il gip del Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, ha rifiutato la richiesta, effettuata dall’azienda, di continuare la produzione procedendo allo stesso tempo ad un piano per il risanamento degli impianti sottoposti a sequestro.
Gli operai sono in un lungo sciopero, indetto da Fim e Uilm e il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, ha confermato che l’azienda impugnerà davanti al Tribunale il provvedimento del gip Todisco.
Ferrante ha parlato della decisione del gip come di “una decisione molto dura, molto severa” e poi ha spiegato: “Io credo che la politica industriale di un Paese non possa essere affidata a dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria“.
Per Ferrante, insomma, servono dei provvedimenti presi dalle autorità politiche. Intanto sulla questione è intervenuto anche il procuratore di Taranto, Franco Sebastio, che ha detto: “Non so l’Ilva che tipo di ricorsi deciderà di presentare. Se non ci saranno modifiche ai provvedimenti esistenti le procedure andranno avanti e saranno inevitabili. Le procedure sono complesse e bisogna evitare, ove possibile, di danneggiare irreversibilmente gli impianti, così come indicato dal tribunale del riesame“.
Intanto sono stati effettuati blocchi nelle statali da parte degli operai e a protestare è stato anche il “Comitato spontaneo apartitico liberi e pensanti“, con un corteo di centinaia di persone che chiedono la chiusura dell’Ilva a favore della tutela ambientale.
GR
Stabilita una drastica riduzione degli inquinanti
A porre di nuovo l’attenzione sul caso dell’Ilva di Taranto è stata una nota del ministero dell’Ambiente, che ha messo in evidenza la conclusione del lavoro del gruppo che ha fatto da supporto alla commissione ministeriale per il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale. Si è deciso di mettere in atto una riduzione drastica degli inquinanti emessi dallo stabilimento, tenendo in considerazione soprattutto le emissioni di polveri e di benzopirene.
Il gruppo di lavoro ha predisposto un’apposita documentazione, facendo riferimento soprattutto alle aree a caldo e ai parchi minerali dell’Ilva.
Nello specifico sono stati individuati gli obiettivi e le strategie da portare avanti per recepire le disposizioni del gip di Taranto in vista dell’eliminazione dei pericoli per la salute e per la salvaguardia ambientale.
E’ stato fatto presente che, grazie a tutti questi provvedimenti, lo stabilimento dell’Ilva di Taranto potrà essere adeguato alle decisioni prese, in merito alla questione, dalla commissione europea, coinvolgendo gli impianti siderurgici europei.
L’attenzione è tutta sulle misure previste dal piano di risanamento della qualità dell’aria predisposto dalla Regione Puglia, puntando alla prevenzione dell’inquinamento nel quartiere Tamburi. Il prossimo 9 ottobre i documenti predisposti dal gruppo di lavoro ministeriale saranno sottoposti ad un secondo parere.
Si prevede che i lavori possano essere conclusi definitivamente entro il 16 ottobre, con la partecipazione anche della Regione Puglia e degli enti locali. Gli esperti sull’ambiente dovrebbero così risolvere una situazione, sulla quale si è molto dibattuto.
GR
Si continua a morire tra i veleni
Emergono particolari inquietanti sul caso dell’Ilva di Taranto, sull’inquinamento provocato dagli impianti e il suo possibile legame con le malattie riscontrate presso gli abitanti della zona, soprattutto quelli che vivono nel rione Tamburi. Prima questo luogo era ricco di giardini, di natura e di aria pulita, adesso sono rimasti soltanto i danni provocati dall’impianto dell’Ilva. Già 20 anni fa erano state condotte le prime analisi sui sedimenti marini davanti allo stabilimento. In questo modo si era riscontrata la presenza di agenti inquinanti e nocivi, non solo nei confronti dell’ambiente, ma anche per la salute umana.
E’ lo stesso primario di ematologia dell’ospedale S. Annunziata di Taranto a denunciare la vicenda, affermando che nella zona dell’Ilva l’incidenza delle leucemie infantili è doppia rispetto a quella che si può riscontrare nelle altre parti del nostro Paese.
Fra le famiglie che abitano nella zona in cui sorge lo stabilimento dell’Ilva, molte hanno almeno un componente malato di carcinoma. Colpisce la storia del piccolo Lorenzo, che a tre mesi presentava un tumore alla testa di 5 centimetri.
Il padre di Lorenzo, come altri della zona, ha deciso di lasciare tutto e di ricominciare in un’altra parte d’Italia. D’altronde non si può restare a guardare di fronte ad una situazione terribile come questa. Eppure nel corso del tempo sembra che nessuno abbia fatto niente per riuscire a risolvere una questione di questo genere.
E’ mancato l’interesse nei confronti della salvaguardia dell’ambiente, ma anche verso la tutela della salute della cittadinanza. E intanto vicino all’Ilva di Taranto si continua a morire.
GR
No secco del gip sul piano di risanamento
È un No secco quello sul risanamento degli impianti inquinanti dell’Ilva. Dopo la bocciatura da parte del gip sul piano di risanamento dell’Ilva, gli operai hanno intensificato le proteste, sull’altoforno n 5 a 60 metri di altezza e sulla cima del camino E312. Non si fermeranno e sembrerebbero abbastanza intenzionati a fare sul serio, annunciando lo sciopero della fame e della seta.
Al piano di interventi proposti dall’Ilva, bocciata dal gip del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, era allegata una richiesta di poter mantenere, almeno, una minima capacità produttiva degli impianti, nonostante il sequestro dell’area a caldo.
Non vi sarebbe spazio per proposte al ribasso da parte dell’Ilva circa gli interventi da svolgere e le somme da impegnare, secondo quanto si legge nella pagine del decreto depositato dal gip. Non si ammetterebbero mercanteggiamenti per niente e nessuno, ovvero sulla salute, vita e ambiente e il diritto a un lavoro dignitoso ma non pregiudizievole per la salute degli esseri umani.
La decisione del gip è in linea con quanto evidenziato dalla Procura, ovvero che l’Ilva si impegnava a fare degli interventi e dei lavori che non avrebbero portato a nulla, dimostrandosi una presa in giro.
4 dipendenti diretti e 4 di una ditta esterna che si occupa di manutenzione, hanno trascorso due notti sull’Altoforno 5, a 60 metri di altezza e ieri mattina altri 8 lavoratori sono saliti sulla torre del camino E312, incatenandosi.
Importante il commento di Confindustria, secondo cui sarebbe giusto che “il senso di responsabilità di tutti prevalga, e che il prossimo aggiornamento dell’Autorizzazione Integrata Ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente possa costituire la sede in cui le legittime esigenze di tutela ambientale si possano coniugare con quelle del sistema produttivo, anche al fine di ribadire un quadro normativo e regolamentare certo per tutte le imprese italiane“.
La chiave di svolta potrebbe essere lo sviluppo sostenibile
La questione dell’Ilva di Taranto continua a far parlare di sé, anche perché non si è ancora fermata la protesta degli operai, i quali affermano che lavoro significa dignità. Sono state tante le manifestazioni di protesta che i lavoratori hanno messo in atto in questi ultimi tempi. Eppure le autorità che sono intervenute sul caso hanno scelto di dare la priorità alla bonifica ambientale, piuttosto che pensare ai lavoratori. E’ logico che in una vicenda del genere occorrerebbe una forma di mediazione, per riuscire a conciliare sostenibilità ambientale ed esigenze occupazionali.
L’ultima protesta è stata portata avanti da cinque operai dell’Ilva che hanno deciso di salire a 60 metri di altezza, sulla torre di smistamento dell’altoforno 5. Tutto questo per far sentire la loro voce dopo che gli impianti dell’area a caldo sono stati sottoposti a sequestro a causa dell’inquinamento ambientale prodotto.
Gli operai hanno consegnato una lettera ad Antonio Talò, segretario provinciale della Uilm, e hanno mostrato uno striscione, che portava la scritta “Lavoro è dignita“. La Fim-Cisl, attraverso un comunicato, ha fatto presente che è piuttosto preoccupata per il clima di esasperazione che si è creato intorno alla questione.
A destare allarme sono in particolare le proteste estreme, che potrebbero mettere a rischio l’incolumità dei lavoratori, rendendo più difficile una situazione già particolarmente pesante. Tra l’altro tutti attendono che intervenga il ministro dell’Ambiente Clini, il quale, nel corso del question time alla Camera, dovrà rispondere ad un’interrogazione su quali sono i provvedimenti da prendere con urgenza riguardo proprio alla vicenda dell’Ilva.
Tutti siamo d’accordo sul fatto che il problema dell’inquinamento vada risolto in qualche modo, perché non si può mettere a rischio la salvaguardia dell’ambiente e la salute dei cittadini che vivono nella zona.
In ogni caso è chiaro come le ragioni dei lavoratori siano comprensibili, perché in una situazione di crisi economica come quella che il nostro Paese sta attraversando, i pericoli sono davvero molti. La chiave di svolta in questa vicenda sembrerebbe essere ancora rintracciabile nel concetto di sviluppo sostenibile.
Si tratta di un progresso che non esclude l’uso delle tecnologie, anche industriali, a patto che queste siano rispettose dell’ambiente.