Ilva di Taranto ultime notizie, arrestati manager e politici [FOTO]

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Nuovi risvolti sulla vicenda relativa all’Ilva di Taranto. Le ultime notizie parlano di sette arresti tra funzionari e politici. La Guardia di Finanza ha eseguito dei fermi a Taranto, ma anche in altre regioni d’Italia, e dei sequestri. Quattro persone sono finite agli arresti domiciliari, mentre per altre tre persone è stata adottata la misura cautelare del carcere. Le persone arrestate sono accusate di concussione, disastro ambientale e associazione per delinquere. Tra gli arrestati nell’ambito delle inchieste sull’Ilva di Taranto c’è anche Fabio Riva, figlio di Emilio e vicepresidente del gruppo Riva.

Agli arresti ci sono anche Luigi Capogrosso, ex direttore del siderurgico di Taranto, e Michele Conserva, ex assessore all’Ambiente della Provincia di Taranto. Girolamo Archinà, ex dirigente dell’Ilva, è finito in carcere.
Le indagini degli inquirenti, che hanno portato agli arresti, riguardano anche l’inchiesta chiamata “enviroment sold out”, nell’ambito di eventuali episodi di corruzione relativi alle discariche in provincia. Questa inchiesta, in particolare, è stata curata dal pm Remo Epifani.
Inoltre i provvedimenti sono stati presi anche per quanto riguarda un nuovo sequestro, un’azione che dovrebbe rappresentare, secondo quanto specificato da fonti che dovrebbero essere vicine alla Procura, un atto finale per l’inchiesta relativa al disastro ambientale.
Le misure cautelari sono state prese anche in riferimento a presunte pressioni che sarebbero state effettuate dall’Ilva su enti locali e pubbliche amministrazioni in modo da ottenere provvedimenti positivi e in modo da ridimensionare gli effetti causati dalle autorizzazioni ambientali.
L’Ilva di Taranto ha presentato una storia, che è stata sempre caratterizzata da problemi. Nel corso del tempo si sono succedute diverse vicende e l’impianto non è stato esente da incidenti.
Basti pensare a questo proposito all’operaio rimasto ustionato dopo un’esplosione.
Ferrante: “Se il sequestro rimane, noi chiudiamo”
Continuano le polemiche sull’Ilva di Taranto. Il rapporto tra la magistratura e i dirigenti dello stabilimento si fa sempre più aspro e questa volta a lanciare una vera e propria sfida è stato Bruno Ferrante, presidente dell’Ilva, contro le ultime decisioni prese dalla Procura di Taranto, proprio nel periodo in cui si parla della possibilità di un’ulteriore decisione negativa da parte dei giudici. Si continua quindi a fare polemiche e a discutere sul futuro dell’azienda, in un momento in cui si riflette parecchio sui rapporti tra la tutela della salute dei cittadini (insieme alla salvaguardia ambientale) e il mantenimento di numerosi posti di lavoro.
E’ un percorso lungo quello che l’Ilva sta affrontando, in un insieme di dubbi che pongono l’attenzione proprio sugli equilibri delicati tra possibilità occupazionali e salute umana e ambientale.
La sfida lanciata da Bruno Ferrante è molto chiara. Il presidente dell’Ilva ha detto che se non verrà effettuato il dissequestro degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento, l’azienda sarà costretta a chiudere.
L’Ilva, attraverso una nota ufficiale, ha spiegato: “Se il sequestro preventivo dovesse permanere, pur a fronte del mutato quadro autorizzatorio, l’ovvia insostenibilità economico-finanziaria condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell’attività produttiva e alla chiusura del polo produttivo”.
Una decisione forte che è stata presa dopo le recenti disposizioni da parte della magistratura. Certamente si tratta di una possibilità che getta preoccupazione, per quegli operai che rimarranno senza lavoro, in un momento in cui già 500 lavoratori sono fermi. Adesso bisogna capire quali saranno le decisioni della magistratura e l’eventuale intervento del ministro dell’Ambiente Corrado Clini.
Vendola: “Sbagliato il conflitto con la magistratura”
Sull’Ilva di Taranto, Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, intervistato su Rai 1, ha prima di tutto espresso le sue perplessità di fronte all’ipotesi da parte del ministro Clini di ricorrere alla Corte Costituzionale. In effetti la questione appare parecchio complessa, visto che il Governo intende ricorrere contro la Procura di Taranto, perché il sequestro giudiziario mette a rischio l’attuazione dell’Aia. Secondo Vendola la questione ambientale non può trasformarsi in un conflitto fra Governo e magistratura, perché tutto ciò sarebbe estremamente sbagliato.
Al danno ambientale si rischierebbe di aggiungere delle conseguenze in termini di ambiti di competenza, che creerebbero inutili tensioni e non darebbero affatto un contributo alla risoluzione della vicenda.
Ecco perché il ministro dell’Ambiente Clini ha risposto in maniera decisa alle dichiarazioni di Nichi Vendola, affermando: “Il presidente Vendola si rassicuri: non ho dedicato un secondo del mio tempo a vagheggiare conflitti di competenza. Tale conflitto, se ci sarà, verrà eventualmente aperto da altri”.
Clini riferisce di aver dedicato molto tempo all’autorizzazione integrata ambientale in riferimento all’Ilva di Taranto. D’altronde il progetto sarebbe stato condiviso pienamente anche dalla Regione Puglia.
Il ministro mette in evidenza come l’Aia rispetti le regole europee sulla protezione della salute e sulla tutela dell’ambiente. Inoltre l’Aia tiene in considerazione in maniera assoluta le norme sia nazionali che regionali. Ecco perché, secondo Clini, l’obiettivo primario da perseguire adesso è quello di far rispettare il piano di recupero ambientale.
Predisposto un piano di monitoraggio ambientale e sanitario
Il testo che il gruppo tecnico aveva messo a punto per l’autorizzazione integrata ambientale all’Ilva di Taranto è stato sottoposto a dure critiche da parte di molti movimenti ambientalisti. In ogni caso è anche la stessa industria che, sempre relativamente al provvedimento, ha manifestato varie perplessità, soprattutto per quanto riguarda i tempi, di cui si chiede un allungamento. I vertici dell’industria hanno contestato in particolare il fatto che è stato anticipato di un anno (dal 2015 al 2014) il fermo per il rifacimento dell’altoforno 5. L’Ilva di Taranto ha spiegato che aveva previsto come anno di riferimento il 2015, perché ci devono essere i necessari tempi di progettazione.
Anticipare questa data significherebbe avere dei problemi per quanto riguarda l’occupazione. Un altro punto del provvedimento che è stato oggetto di polemiche è quello che riguarda l’allontanamento dei parchi minerali di 80 metri rispetto al confine dello stabilimento.
Questa misura era stata chiesta in via precauzionale dal Comune di Taranto. L’Ilva adesso ha replicato, chiedendo di ridurre la distanza a 55 metri, in modo da non dover eliminare il parco 8.
Sull’ipotesi di chiudere i nastri trasportatori entro tre mesi, l’Ilva ha proposto un’alternativa. Si tratterebbe di ricorrere ad una nuova progettazione delle linee dei nastri, per riuscire a superare alcuni problemi che riguardano la sicurezza.
Il piano proposto dall’Aia stabilisce un limite alla produzione di 8 milioni di tonnellate d’acciaio all’anno. L’Ilva ha fatto notare che, in base alla produzione giornaliera di ghisa, si dovrebbe arrivare invece a 8,6 milioni di tonnellate di acciaio annuali.
Resta comunque un segnale positivo per la fabbrica, sebbene l’autorizzazione del ministero imponga un dimezzamento rispetto alla capacità produttiva complessiva. Grazie alla crisi negli ultimi tempi, però, la produzione era già, di per sé, ridotta.
E’ possibile, dunque, che ci sia una speranza per l’Ilva a Cornigliano, dove potrebbero arrivare gli stessi materiali che arrivavano al porto di Taranto negli ultimi anni. La logica di lavoro sembra essere positiva con la possibilità di un risanamento ambientale a garanzia della continuità produttiva. Sono anni, ormai, che la produzione dello stabilimento ligure si è un po’ ridotta.
Il completamento del piano di investimenti legato all’Accordo di programma sul superamento dell’acciaio a caldo risale ormai al 2005, quando è stato chiuso l’ultimo altoforno di Cornigliano. La quarta linea di zincatura sarà attivata quando ci saranno le giuste condizioni, stando a quanto dichiarato dall’azienda stessa. I propositi sembrano essere positivi, tuttavia per crederci bisogna attendere le carte firmate, come è stato dichiarato dallo stesso Palombo della rsu Fiom.
Il ministero della Salute ha deciso di mettere a punto uno specifico piano per combattere gli effetti nocivi che l’inquinamento prodotto dall’Ilva di Taranto ha avuto sulla salute e sull’ambiente. In effetti sono stati presentati degli ultimi dati, che mettono in maniera forte l’accento su come nel territorio di Taranto sia aumentato il numero dei tumori sia per gli uomini che per le donne, senza contare tutti i danni provocati alla sostenibilità ambientale da parte dell’impianto siderurgico.
Il ministro Balduzzi ha spiegato che il piano da portare avanti verrà articolato su tre linee di azione: monitoraggio ambientale, biomonitoraggio e sorveglianza epidemiologica. Nello specifico è stato applicato un sistema di monitoraggio sanitario, in modo che l’Aia possa essere rivista proprio in base ai risultati che scaturiranno dal monitoraggio stesso.
Per ciò che riguarda il biomonitoraggio, si prenderà in considerazione un campione di residenti a Taranto, per esaminare anche con quali contaminanti organici si ha a che fare e qual è, a questo proposito, la capacità dell’organismo di provvedere alla riparazione del Dna.
Per ciò che concerne la sorveglianza epidemiologica, si terrà conto dei livelli di PM 10 e di PM 2,5, per vedere quanto questi influiscano sui ricoveri ospedalieri, sulla mortalità naturale e soprattutto sul sopraggiungere di patologie cardiovascolari e respiratorie.
Con un accordo fra il ministero della Salute, la Regione Puglia e l’Asl di Taranto, si predisporrà un piano di prevenzione, per il quale è previsto un apposito stanziamento, che arriverà a partire dal 2013. La questione è comunque da risolvere il più presto possibile, perché è una situazione insostenibile che va avanti ormai da tempo. Già un anno fa infatti si denunciavano i danni provocati dall’inquinamento ambientale riscontrato presso l’Ilva di Taranto.
Scomparsi 140 milioni per le bonifiche ambientali
La vicenda sul caso Ilva si infittisce dopo che il deputato del partito democratico Ludovico Vico, ha portato alla luce il caso di quelli che sarebbero 140 milioni di euro scomparsi. Stando a quanto risulta dai documenti, il fondo sarebbe stato stanziato nel 1995, quando l’Iri aveva ceduto lo stabilimento di Taranto al gruppo Riva. Il fondo, investito in titoli di Stato, sarebbe dovuto servire al risanamento ambientale della città di Taranto. Pare che tra la finanziaria che gestiva l’impianto di Taranto e il gruppo Riva, ci sia stato un lungo contenzioso legale sul contratto di cessione degli stabilimenti siderurgici e la gestione riguardava lo stabilimento di Taranto, di Genova, Torino, Marghera e Novi Ligure.
L’interrogazione parlamentare, che sarà esposta al ministro per lo Sviluppo Economico, Corrado Passera, parla di un contenzioso legale collegato a problematiche ambientali.
Con la cessione, l’Iri garantiva di non aver posto in essere atti e comportamenti di natura dolosa o gravemente colposa in materia ambientale, impegnandosi, al riguardo, a tenere indenne l’acquirente da perdite risultanti da violazioni di legge in materia di ambiente.
Sembrerebbe dunque chiaro che tutti fossero al corrente del fatto che lo stabilimento era inquinante ma nonostante ciò nessuno se ne sarebbe mai preoccupato. Tra pochi giorni si saprà se il tribunale di Taranto boccerà la nuova Aia e cosa farà lo Stato una volta che il caso passerà nelle sue mani.
E’ fissata per il 12 novembre l’udienza per l’incidente di esecuzione chiesto dall’Ilva, in seguito al no del gip Patrizia Todisco comunicato il 26 settembre, sulla questione del Piano di interventi immediati per 400 milioni di euro. Il piano, che era stato elaborato dall’Ilva per il risanamento ambientale era stato bocciato con un no secco dal gip sebbene la decisione spettasse alla Procura, come suppongono i legali dello stabilimento di Taranto.
Dopo aver espresso un parere negativo sul piano, la procura aveva passato il progetto al gip ritenendo che nelle richieste dell’Ilva ci fosse anche una modifica del provvedimento di sequestro degli impianti firmato dal gip ed eseguito il 26 luglio scorso. Era stato il tribunale del Riesame a confermare il provvedimento stesso. altri appuntamenti sulla battaglia giudiziaria tra Ilva e Procura avranno luogo il 22 e il 23 ottobre.
Nel primo appuntamento il ricorso dell’azienda contro il secondo no del gip alla libertà di Nicola ed Emilio Riva e Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento, sarà presa in esame dal tribunale del Riesame. I tre continuano a rimanere agli arresti domiciliari. Il giorno successivo, il 23 ottobre, si terrà l’udienza per l’incidente di esecuzione proposto dalla Procura per la sospensione esecutiva dell’ordinanza del Tribunale del 28 agosto, con cui veniva reintegrato Bruno Ferrante, nella posizione di custodi giudiziari dell’impianto sotto sequestro.

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