L’impatto ambientale della moda non si fa sentire solo nelle produzioni, ma anche nei tanti eventi fashion che ogni anno catalizzano gli esperti del settore e le celebrità di tutto il mondo.
Per molti la moda è la massima espressione dell’anima. È un qualcosa di giocoso, con cui non solo proteggere il nostro corpo, ma anche comunicare al mondo chi siamo.
C’è chi passa le ore davanti all’armadio per scegliere il look giusto, chi trascorre il tempo passando da un negozio all’altro, chi si spende buona parte dello stipendio facendo shopping.
In tantissimi solo al pensiero di comprarsi qualcosa di nuovo provano un senso di gioia salire, correndo subito a cercare il capo, di solito, al prezzo più stracciato: e così si finisce nelle solite catene del fast fashion, dominate da modelli omologati e creati con materiali per nulla sostenibili.
Il risultato è che si alimenta, spesso in modo inconsapevole, il lato oscuro della moda che vede il predominio delle produzioni a ritmi serrati, dello sfruttamento lavorativo e dei materiali tossici, il tutto con un obiettivo ben preciso. Produrre quanti più capi possibili, nel minor tempo, buttandoli così fuori sul mercato a prezzi esigui. Ma questo prezzo così basso, in realtà, non è reale: ci sembra di sostenere una spesa esigua per comprare un capo fast fashion, il cui costo viene scontato però dai lavoratori sfruttati e dall’ambiente, sempre più inquinato per via delle produzioni insostenibili del tessile.
In quest’ottica si afferma il filo della moda green che negli ultimi decenni ha portato alla nascita di brand dall’animo eco e non solo. Aumentano sempre più gli eventi dedicati a questa tematica così importante. Tuttavia purtroppo non tutte le manifestazioni del settore hanno un cuore green e anzi, alcune non fanno che inquinare ulteriormente il Pianeta.
La moda è la seconda industria più inquinante a livello globale. Emblematico di questo quadro allarmante sono i dati relativi al comparto dell’abbigliamento.
Le produzioni del tessile sono responsabili di circa l’8% delle emissioni di Co2 prodotte nel mondo. Questo è quanto emerge da un rapporto delle Nazioni Unite che ha anche rilevato come il settore immetta nell’atmosfera tra le 4 e le 5 tonnellate di anidride carbonica.
A tutto questo si aggiunge il preoccupante consumo idrico: l’Onu ha constatato come degli sprechi globali dell’acqua, circa il 20% sia da ricondurre al comparto dell’abbigliamento. Solo per produrre un paio di jeans è necessario impiegare circa 10 mila tonnellate di acqua, una quantità che una persona impiega 10 anni per berla. Inoltre la moda produce il 35% delle microplastiche che ogni anno minano i mari.
Questi dati fanno da megafono per ricordarci quanto la moda a oggi inquini e come invertire la rotta sia ormai urgente. Oltre ai brand sostenibili sempre più diffusi (qui trovi un approfondimento sulle collezioni eco per l’estate da non farti sfuggire), cresce il numero degli eventi dedicati al tema del green fashion il cui obiettivo è accendere i riflettori sulla necessità di un futuro più virtuoso della moda. Ma non tutti gli appuntamenti della moda si inseriscono in questa direzione. Ci sono casi in cui, anzi, peggiorano le cose.
Se cresce il numero degli eventi del fashion dall’animo green, alcune iniziative della moda alimentano ancora l’insostenibilità del settore. In questi giorni è partita la Settimana della moda di Parigi, richiamando i più grandi esponenti del fashion e star internazionali. Ed è proprio qui il problema: gli appuntamenti fashion più importanti inquinano, soprattutto per gli spostamenti che comportano.
A rilevarlo è stato Carbon Trust & Order, istituzione senza scopo di lucro la cui missione è aiutare le organizzazioni a limitare il loro impatto sul Pianeta, che ha sottolineato come i viaggi, tra auto e aerei, degli ospiti di eventi, come le tante settimane della moda sparse per il mondo, producano una mole gigantesca di emissioni. Guardando al 2018 ne sono state generate in un solo anno 241.000 tonnellate.
Quindi come invertire la rotta? Questi eventi di grande portata dovranno essere organizzati in chiave green, trovando alternative meno impattanti come creare appuntamenti virtuali a distanza e, quando possibile, prediligere spostamenti con mezzi più sostenibili come il treno.
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