L’estate ma soprattutto i cambiamenti climatici portano sempre più spesso a dover parlare del problema degli incendi boschivi, che vanno affrontati non solo nel momento in cui devastano i boschi ma con una prevenzione certosina. E un progetto a tal proposito può essere illuminante
Ogni anno l’Italia come altri Paesi del mondo deve fare purtroppo la conta dei danni derivati dagli incendi boschivi, provocati per lo più dall’incuria o dalla cattiveria e dall’ingordigia di qualche essere umano. Perché, prima di passare a guardare quello che è uno dei progetti più promettenti al momento in fase di realizzazione nell’Alta Val di Susa, vale la pena ricordare quali sono i motivi per i quali i boschi bruciano. La combustione spontanea o gli incendi dovuti a fulmini occupano una percentuale infinitesimale nel numero totale degli incendi che consumano la flora mondiale.
Le cause principali sono i comportamenti dolosi e criminali degli esseri umani. Vendette tra privati, mire espansionistiche o semplicemente incuria per uno dei beni più preziosi che abbiamo sono infatti le motivazioni principali che spingono le persone a trasformarsi in piromani. Un modo per evitare che gli incendi distruggano grandi estensioni boschive è quello di curare le foreste andando ad intervenire con criterio per far sì che la natura sia preparata per affrontare qualunque miccia accesa.
A partire dal 2020 con il finanziamento del Programma di sviluppo rurale della Regione Piemonte è stato avviato il cosiddetto progetto PReFeu. Un progetto che ha lo scopo da una parte di salvaguardare il verde, andando a eliminare per quanto possibile quelle situazioni che nei boschi si possono creare e che aiutano la diffusione degli incendi e allo stesso tempo far sì che il materiale eventualmente prodotto dalla selvicoltura preventiva attuata nei boschi possa trovare un utilizzo, che non sia solo quello della creazione di biomassa per riscaldamento o produzione di energia.
Tra le tecniche che vengono utilizzate nella selvicoltura preventiva ci sono attività quali gli incendi controllati e l’abbattimento selettivo delle piante. In buona sostanza quello che si fa è ripulire il bosco e organizzarlo in maniera tale che anche nel caso in cui, e per qualunque motivo, dovesse effettivamente scoppiare un incendio, il bosco ha una conformazione tale per cui le fiamme non possono essere alimentate. La selvicoltura preventiva, se praticata con criterio, può avere risultati eccellenti trattando appena il 10% della superficie boschiva totale. Ovviamente per una opera di selvicoltura preventiva efficace è necessario uno studio approfondito della zona nel suo complesso. Nel caso della Val di Susa il contributo è arrivato dall’Università di Torino, che ha elaborato un programma per la Val di Susa a partire dagli esperimenti già portati a termine con successo in Corsica e in Australia.
Ogni qualvolta un bosco brucia si perdono non solo ettari di piante, talvolta secolari, con il loro portato di animali e biodiversità ma anche parte di quel sistema naturale che garantisce la presenza di una quantità ottimale di ossigeno nell’aria e la cosiddetta cattura della CO2. E sempre parlando di CO2, proprio il fuoco degli incendi aumenta esponenzialmente la quantità di gas che vengono rilasciati in atmosfera, andando a peggiorare situazioni già compromesse. Riuscire a mantenere i boschi e metterli nelle condizioni di potersi difendere da soli anche dai malintenzionati significa ridurre l’inquinamento, i problemi che dall’inquinamento derivano alla salute delle persone e i costi per affrontare le conseguenze a lungo termine di quello inquinamento. Da non sottovalutare poi, soprattutto nel nostro Paese così delicato dal punto di vista idrogeologico, come le aree in cui i boschi vengono eliminati a causa del fuoco sono anche molto più fragili e possono così trasformarsi in frane devastanti.
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