Tra le iniziative volte a sensibilizzare sulla questione ambientale arriva anche la cosiddetta inflazione ambientale, sperimentata nei supermercati tedeschi.
Agire in ottica di sostenibilità, vista la crisi climatica che stiamo affrontando, diventa sempre più urgente. Numerosi esperti del settore sono ormai certi che l’emergenza climatica vada affrontata con soluzioni drastiche e repentine, nel tentativo di evitare quel collasso climatico che sta diventando una prospettiva sempre più realistica.
Le condizioni meteo estreme che abbiamo affrontato e stiamo affrontando negli ultimi mesi ne sono prova: dalle altissime temperature alla siccità del sud Italia, dalle grandinate alle alluvioni devastanti del nord del nostro Paese. Ma non è solo in Italia che le cose vanno male, anzi, si tratta di una condizione diffusa a livello mondiale, che ha spinto le varie autorità internazionali a promuovere campagne di sensibilizzazione sulla questione climatica.
Un esempio è quello della cosiddetta inflazione ambientale sperimentata nella catena di supermercati tedeschi Penny Market. Nella settimana che è andata dal 31 luglio al 5 agosto, il brand ha deciso di alzare i prezzi di alcuni noti prodotti in maniera vertiginosa: in particolare carne e derivati animali come uova o latticini, notoriamente impattanti da un punto di vista ambientale, hanno subito un rincaro fino al 94%. Ma perché, viene da chiedersi…
A contribuire all’innalzamento dei prezzi ci hanno pensato fattori quali le emissioni di metano e anidride carbonica, i danni dovuti ad agricoltura e allevamento intensivi, l’uso di pesticidi e l’inquinamento delle falde acquifere dovuto all’uso di fertilizzanti nelle coltivazioni. Aumentando i prezzi di questi prodotti, la Germania ha voluto compensare il danno ambientale causato dalla loro produzione.
Chi si è recato al supermercato in quei giorni, dunque, si è trovato di fronte a scaffali pieni di prodotti rincarati di quasi il doppio rispetto alla norma, ad esempio wurstel passati da 3,19 euro a 6,01, mozzarella da 0,89 a 1,55 o yogurt passato da 1,19 euro a 1,56 euro. Ponendo i consumatori di fronte a un tale shock, l’intenzione è quella di ricordargli come il processo produttivo possa arrecare danno all’ambiente.
L’iniziativa tedesca sull’inflazione ambientale sembra destinata a diffondersi anche da noi, dove già alcune interessanti iniziative hanno cominciato a diffondere consapevolezza sull’impatto ambientale della produzione alimentare. Basti pensare all’etichetta alimentare sostenibile, che classifica i prodotti in base alla sostenibilità della filiera produttiva, assegnandogli un valore che va da 1 a 5.
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