Dopo Facebook, a finire nel mirino di Greenpeace per l’inquinamento eccessivo dei propri server e dei datacentre è ora Apple. La società, produttrice di alcuni dei dispositivi tecnologici a maggiore diffusione nel mondo, è infatti stata accusata dall’associazione ambientalista di far eccessivo uso di fonti energetiche inquinanti per supportare il soddisfacimento del fabbisogno energetico delle proprie strutture informatiche.
La critica rivolta da Greenpeace a Apple è similare a quella che la stessa associazione aveva precedentemente espresso nei confronti di Facebook e di IBM. A questo punto l’intento di Greenpeace non può che apparire piuttosto chiaro: focalizzare l’attenzione su grandi corporate con grande visibilità, nella speranza che un miglioramento eco-energetico di queste aziende possa “contagiare” positivamente l intero comparto industriale.
Nel report titolato “How dirty is your data?”, Greenpeace cerca di trarre i risultati utili per scovare quale sia il consumo energetico necessario per supportare il funzionamento di alcuni tra i più grandi datacentre del mondo e, soprattutto, cercare di comprendere quale sia la quota di energie rinnovabili utilizzate per il soddisfacimento del fabbisogno.
Tra le principali critiche rivolte da Greenpeace alle società, vi è certamente quella di una mancanza di trasparenza energetica. In altri termini, per l’associazione le grandi compagnie si rifiuterebbero di fornire elementi utili per valutare la loro efficienza energetica ecologica, perché tale dato potrebbe influenzare l’andamento dei titoli azionari.
In futuro, l’auspicio è che anche questa barriera comunicativa possa esser adeguatamente superata.
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