In Cina la lotta all’inquinamento ambientale costa cara. Ovvero, più l’inquinamento diminuisce, più le tariffe dei metalli aumentano. Questa constatazione, onestamente, ci lascia un pò sconvolti. Per avere un pianeta più pulito, praticamente, bisogna pagare. Pagare per ciò che all’origine ci è stato consegnato intonso e puro. Ma a cosa è dovuto questo innalzamento dei prezzi? Semplice: la chiusura delle miniere e degli impianti di lavorazione pericolosi e altamente inquinanti. E le quotazioni dei metalli, nel frattempo, raggiungono cifre record.
L’inchiesta è partita dal Financial Times, il quale ha evidenziato come la Cina sia tra i leader mondiale nella produzione di minerali e metalli. Tra i più conosciuti: piombo e carbone. Il meno conosciuto e il più inquinante: l’antimonio (materiale utilizzato per la creazione di materiali ignifughi). Di questo ultimo metallo, la Cina è in assoluto la produttrice n.1 con la copertura del 90% della richiesta mondiale. Vi lasciamo immaginare cosa comporti, questo, in termini di inquinamento.
Fino a poco tempo fa la situazione ambientale cinese era disastrosa. Non che ora la situazione sia sensibilmente migliorata (sono state chiuse 1/3 delle miniere di antimonio, di cui un centinaio illegali), però, per lo meno si stanno attrezzando. Unico inconveniente: i prezzi dei metalli (piombo, stagno, carbone e metalli rari) a livello internazionale sono schizzati al +150% rispetto a gennaio 2009.
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