L’inquinamento marino è uno dei tanti problemi della nostra epoca. I dati parlano chiaro: la situazione non è da prendere sottogamba. Per invertire la rotta arriva un progetto nel segno della sostenibilità dei mari.
Fenomeno a scala globale, l’inquinamento marino è sempre più imperante. Scatta l’allarme per la situazione dei mari, messi in pericolo dall’azione insostenibile dell’uomo. In tutto il mondo ogni anno sono tantissime le sostanze inquinanti che inficiano il mare.
Tra plastica, rifiuti, sostanze chimiche, petrolio, liquami fognari, sono davvero molteplici le minacce. Secondo i dati l’80% dell’inquinamento marino arriverebbe dalla terra ferma. Inoltre pesca, acquacoltura e attività marittime non fanno altro che aggravare la situazione che è davvero preoccupante.
Per fare il punto sulla situazione attuale dell’inquinamento marino lo scorso 9 marzo si è tenuto un incontro ad Amendolara, presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn in cui sono stati condivisi i risultati di una ricerca per attestare quanto i mari siano inquinati. Si è parlato anche di un progetto volto a ridurre l’inquinamento marino.
Stando ai dati presentati la pesca e l’acquacoltura produrrebbero rispettivamente circa il 39% e al 14% dell’inquinamento marino globale. Per ridurre l’inquinamento marino sono tante le iniziative messe in atto. Tra queste un progetto che si basa sull’uso di materiali compostabili e biodegradabili da sostituire con quelli in plastica.
Il progetto in questione è in fase sperimentale ed è stato realizzato nel Golfo di Taranto. Per contenere l’inquinamento dei mari nell’ambito dell’acquacolture si sono utilizzati materiali in Mater-Bi, ovvero plastica biodegradabile. Ad analizzare questa risorsa è stata proprio la Stazione Anton Dohrn insieme all’Università di Scienze Gastronomiche.
Dallo studio realizzato nel piccolo mare di Taranto è emerso come i picchi dello spettro delle plastiche non abbiano presentato picchi ricorrendo al Mater-Bi. Inoltre è stato riscontrato come utilizzando questo materiale i mitili allevati siano cresciuti più velocemente, dando così un vantaggio anche in termini economici e non solo di un contenimento dell’impatto sui mari. I risultati ottimali del progetto hanno spinto a ipotizzare l’uso di questa risorsa a livello nazionale.
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