Il caso dei cugini Squillacioti, emerso grazie alla trasmissione Le Iene, mette in luce il legame tra malavita organizzata e inquinamento.
L’ecomafia è un fenomeno che si è diffuso parallelamente all’aumento degli affari legati ai rifiuti e all’ambito ecologico: si tratta di un termine che è stato coniato da Legambiente e che col passare degli anni è diventato di uso comune, facendo riferimento soprattutto allo smaltimento di rifiuti tossici, non solo nel Mezzogiorno d’Italia, fenomeno che avviene senza controllo alcuno da parte delle istituzioni, talvolta conniventi.
Sebbene la consapevolezza pubblica sia cresciuta, l’attenzione per le attività illegali della criminalità organizzata nell’ambito ambientale è relativamente recente, tant’è che sebbene la storia dell’ecomafia abbia radici più profonde, è stata sdoganata dai media solo grazie al romanzo d’inchiesta di Roberto Saviano dal titolo “Gomorra”, opera che ha poi ispirato un film e una fortunatissima serie televisiva.
Sebbene incentrata in particolare su quanto avviene nella cosiddetta Terra dei Fuochi, Gomorra è un’opera che rilancia e mette in luce un assioma che appare oggi ormai appurato, nonostante i negazionismi anche da parte della politica: le mafie incrementano l’inquinamento, ma c’è di più, questa tipologia di inquinamento è terribilmente letale come testimonia la vicenda dei cugini Squillacioti.
Fausto e Augusto Squillacioti sono due cugini che di mestiere fanno i pescatori e che nel giro di poco tempo si ammalano e muoiono entrambi per una grave forma di leucemia mieloide. Prima di morire, i due cugini avevano raccontato qualcosa di strano e terrificante che era avvenuto durante una battuta di pesca. Qualcosa su cui, qualche anno fa, un’inchiesta della trasmissione televisiva Le Iene ha provato a fare luce.
La leucemia mieloide è una rara forma tumorale, che colpisce due persone ogni 100mila in Italia, ma che nel caso che stiamo prendendo in esame ha dei risvolti che mettono davvero i brividi. Fausto e Augusto Squillacioti, infatti, avevano sostenuto di aver trovato, durante la loro battuta di pesca, una poltiglia che sembrava fangosa, l’avevano definita “una palla informe”, ma quello che lascia senza parole sono i loro dettagli.
Entrambi hanno infatti sostenuto che, subito dopo essere entrati in contatto con questa strana e anomala palla fangosa, hanno immediatamente iniziato a star male e in particolare accusarono un forte prurito. Nel giro di poco tempo, il loro quadro clinico era peggiorato e appunto era stata scoperta la forma aggressiva di leucemia mieloide, che li aveva poi portati alla morte. Qual è il sospetto delle Iene?
La popolare trasmissione televisiva avanza l’ipotesi, supportata anche dai familiari dei due cugini pescatori, che quella palla ritrovata dagli Squillacioti fosse in realtà materiale tossico e radioattivo, abbandonato in mare da qualche criminale senza scrupoli. Se gli effetti sui due cugini sono stati questi, si interrogano i familiari e gli autori del programma tv, cosa accadrà ad esempio a flora e fauna marina?
Secondo quanto affermato in trasmissione, la leucemia mieloide cronica che ha colpito i due cugini è legata a esposizioni a radiazioni e non sembra avere a che fare – come avviene con altre patologie tumorali – con lo stile di vita e comportamenti non idonei. La morte dei due cugini risale a molti anni fa: quella di Agostino addirittura al 1989, mentre quella di Fausto è più recente: dopo molta sofferenza e un trapianto, si è spento nel 2001.
I sospetti su questi due decessi si addensano dopo la denuncia di Stefano Colosimo, ingegnere del posto che è impegnato proprio sul prelievo di sedimenti in mare, davanti alle coste di Montauro, in provincia di Catanzaro, e nella fattispecie davanti alla spiaggia di Calalunga, la stessa dove i due cugini si erano fermati a pescare. Colosimo spiegò di aver notato qualcosa di molto sospetto.
Fece in particolare riferimento a dei bidoni arancioni, con impresso il segnale di pericolo radioattivo, silos che nel giro di poco tempo spariscono all’arrivo sul luogo di un gruppo di “operai”, che sostennero di essere dipendenti di una ditta che si occupa di smaltimento di rifiuti nucleari. A distanza di anni, Giulio Golia, inviato de Le Iene, rilancia quella denuncia, ma a oggi di fatto nessuna responsabilità è stata accertata.
Infine, dopo il servizio de Le Iene, il comune di Montauro ha querelato la popolare trasmissione televisiva, spiegando che la notizia avrebbe fatto scaturire allarmismi, con conseguenti danni al settore del turismo in quella zona di Calabria: secondo l’avvocato che difende gli interessi dell’amministrazione comunale, vi sono state in passato rilevazioni accurate che hanno smentito l’alta radioattività nella zona.
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