Il Governo Meloni sta aprendo la strada a nuove attività estrattive di gas e metano sull’Adriatico. Quali sono i vantaggi e quali i rischi.
Certo, in un momento storico dove la comunità europea e mondiale richiede il passaggio alle energie pulite il ritorno del carbone sembra in controtendenza, ed effettivamente lo è. Alla base della decisione di derogare alla decarbonizzazione c’è la crisi energetica, per cui il Governo Meloni, con la legge 13/01/2023, ha introdotto alcune misure per consentire la ripresa delle attività estrattive.
Questo ha dato la stura alla richiesta di concessione per la produzione nazionale di gas e metano. Nello specifico nell’area adriatica, “nel tratto di mare compreso tra il 45esimo parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po”. In quelle aree le concessioni erano già esistenti, ma messe in stand by. Andrebbero solo riattivate per riprendere il loro lavoro. Inoltre è sul tavolo di trattativa di attivare altre concessioni nell’Adriatico, nel tratto compreso tra le le 9 e le 12 miglia di distanza dalla costa e dalle aree protette marine. Come può influire questa nuova direzione sulla biodiversità e sulle politiche green?
Ovviamente il Governo che ha avuto l’idea è a favore della ripresa delle trivelle. La crisi energetica sta mettendo in ginocchio il Paese, con dei prezzi al consumo le cui oscillazioni sono difficilmente prevedibili e controllabili. La soluzione è l’incremento delle energie rinnovabili. Il PNRR italiano ha dedicato una buona fetta del suo plafond alla transizione energetica. Che avanza a stento. Con la conseguenza di picchi di inquinamento e sanzioni dalla Comunità europea per aver superato i limiti accettabili di polveri sottili nell’aria.
Il sottosegretario al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Claudio Barbaro ha dichiarato recentemente: “Ad oggi non è in istruttoria presso il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica alcuna istanza di concessione, mentre vi sono 5 permessi di ricerca”.
Allo stesso tempo, tornando al 13 agosto scorso, il il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, trattando del tema energetico, e degli interventi previsti in un prossimo futuro, aveva detto che a breve ci sarà “l’opportunità di utilizzare anche i giacimenti di gas dei nostri territori, altrimenti in alcune realtà, come nell’Adriatico, corriamo il rischio che peschino solo altri Paesi”. Due versioni piuttosto contraddittorie.
A causa dell’inquinamento, della perdita dell’habitat e della caccia indiscriminata, la biodiversità nel nostro Paese è davvero a rischio. Nuove attività estrattive di gas e metano non farebbero altro che aumentare l’inquinamento e dunque lo stato di conservazione di molte specie animali.
Il capogruppo Cinque Stelle nella commissione Affari Costituzionali di Montecitorio, Alfonso Colucci, ritiene che la ripresa delle attività estrattive di gas e metano non contribuirà a risollevare l’Italia dalle sorti della crisi energetica, con un piano decennale di incremento della produzione pari al 2%, una cifra davvero esigua. E dall’altra parte lo scotto che cittadini e fauna devono pagare sulla propria pelle.
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