Da juta a mattoni, è questa la nuova idea geniale che sta facendo in modo che molti rifugiati possano avere una casa. Vediamo di cosa si tratta.
Tra i materiali che spesso capita di ritrovarci in casa un posto speciale lo merita la juta. Riconoscibilissima da lontano, la usiamo quando si tratta di creare qualcosa per la nostra casa, come un semplice vaso per fiori, come si vede praticamente sopra. Ed è su questo materiale che sono caduti gli occhi di alcuni esperti che hanno dato vita a qualcosa di unico, senza precedenti.
Si dice che il bisogno aguzza l’ingegno ed è su questo aspetto che occorre focalizzarsi. Nel 2021 guerre, persecuzioni e altre violazioni dei diritti umani hanno lasciato 90 milioni di persone senza case perché costrette ad abbandonare le loro, dove avevano vissuto sino a quel momento. Non parliamo di 2-3 persone ma di una cifra esorbitante.
Considerato che il già elevato numero citato sopra potrà subire – o subirà inevitabilmente come suggeriscono gli esperti – un’impennata entro il 2050 a causa della crisi climatica che potranno lasciare sfollati oltre un miliardo, viene da chiedersi cosa fare per le persone senza una casa?
Ed ecco che entra in gioco la juta, basta dare un’occhiata in rete per vedere quante cose si possono creare con questo materiale – vedi la poltrona da riciclo sopra – ma quello che stiamo per proporvi è un progetto sperimentale ma molto, molto ambizioso. L’idea geniale vanta la collaborazione tra Alex Blum, CEO della startup texana Applied Bioplastics ed il Dottor Mubarak Ahmed Khan del Bangladesh, scienziato pluripremiato e fisico nucleare che sembra aver trovato una soluzione.
Trasformare la juta in un materiale da costruzione? E’ possibile e sarà utilissimo per realizzare dei rifugi temporanei per i profughi. Queste costruzioni prevedono l’uso di blocchi di costruzione a base vegetale – i BTTR Board – con juta. Un materiale scelto non a caso che si considera che nel 2020 il principale esportatore era proprio il Bangladesh.
Se dalla juta si può ottenere una lampada – come nella foto sopra – perché non ottenere dei mattoni, ma come? Per prima cosa viene tessuta in tela. Uno step che comporta una stratificazione sopra una base di stagno ricoperta da un film di mylar (per chi non lo sapesse è un poliestere molto flessibile e duraturo).
Lavorato con una miscela chimica brevettata non tossica. E poi si dipinge quanto ottenuto con una resina termoindurente e posta in uno stampo. Secondo Alex Blum, “varie organizzazioni umanitarie, tra cui le Nazioni Unite, potrebbero scegliere di acquistare più case considerato il successo del programma pilota” certamente un passo importante per tutta l’umanità.
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