Sono noti come mini bonsai. L’arte del Kokedama risale ad antiche tradizioni di coltivazioni nate nell’Estremo Oriente nel XVII secolo. Questa forma di coltivazione deriva dall’arte del bonsai, la coltivazione, quindi, di piante ridotte in scala e coltivate per rimanere in miniatura.
La differenza sostanziale dalla cura del bonsai a quella del kokedama dipende dall’utilizzo o meno del vaso. I bonsai si coltivano in appositi vasi di ceramica smaltata che spesso hanno anche un aspetto estetico di pregio. Le piante coltivate con il kokedama, invece, non presentano il vaso.
Come si coltiva con il Kokedama: strumenti indispensabili
L’arte del Kokedama risale al 1600 ed è nata in Giappone. Le piante identificate per coltivazioni di questo tipo sono piuttosto piccole e dalle foglie non pesanti ma la tecnica è possibile per ogni tipo di pianta. I kokedama sono proprio delle piante coltivate senza il vaso, sfruttando le proprietà agglomeranti di terra e fango.
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Kokedama che in giapponese significa “palla di muschio” è letteralmente una coltivazione fatta in assenza di vaso e con la costruzione manuale di un agglomerato a forma di piccolo pallone di fango e muschio. Il fango che si utilizza è di colore molto scuro e il terriccio, denominato ketotsuchi, è acido e fangoso. Per creare un kokedama è bene impastare fango e muschio con le mani fino a formare una forma compatta e rigida. Unire poi l’akadama, un altro componente simile all’argilla che drena la terra.
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Una volta creato il composto di terra, argilla e akadama, bisogna lasciar riposare la forma su un vassoio. A questo punto, è possibile inserire le radici e una parte del fusto della pianta identificata all’interno della forma. Per rivestire il kokedama, che rimarrebbe di colore marrone scuro, è possibile rivestirlo con muschio secco. Poi con del filo di cotone si può avvolgere il tutto attorno alla base. Con i kokedama è possibile creare delle suggestive creazioni di piante sospese. Basta legare con un filo di nylon il composto e l’effetto jungle è assicurato.