Uno degli aspetti che colpisce maggiormente in termini di salvaguardia dell’ambiente in Basilicata, nella vicenda relativa alle estrazioni di petrolio, riguarda il monitoraggio ambientale su eventuali danni riportati a livello di inquinamento. Lo segnala nello specifico Legambiente, che afferma che ci sono davvero poche centraline, in grado di fornire dati validi per tutti i periodi dell’anno. Tra l’altro manca anche un archivio storico per tenere sotto controllo l’andamento delle emissioni nocive nell’atmosfera. Tutto ciò non fa che rendere ancora più complessa la questione.
A cura di Gianluca Rini
L’assenza di monitoraggio ambientale
Vengono gettate ombre inquietanti sulle possibilità di conservazione ambientale attuabile nella zona. Ennio Di Lorenzo, del circolo Legambiente della Val d’Agri, a questo proposito spiega: “Dopo 13 anni di attività, il bilancio in termini di monitoraggio ambientale, a detta delle rappresentanze tecniche ed istituzionali della Regione Basilicata, è assolutamente negativo. In realtà non c’è praticamente stato, tanto per mancanza di trasparenza quanto di carenza di risorse destinate.”
In molti auspicano che si faccia qualcosa di concreto contro l’inquinamento da polveri sottili: in particolare si spera in una legge regionale per limitare gli inquinanti, stabilendo criteri più contenuti rispetto a quelli previsti attualmente dalla legge italiana.
Il Parco Nazionale della Val d’Agri
Limiti più precisi sarebbero d’altronde necessari anche perché non dobbiamo dimenticare che, proprio a poca distanza dell’area soggetta alle trivellazioni in Basilicata, si estende il Parco Nazionale della Val d’Agri. Si tratta di una fascia protetta che rappresenta un interessante patrimonio ambientale, comprendendo l’alta valle del fiume Agri e le vette più alte dell’Appennino Lucano. L’area di questa riserva naturale è importante soprattutto per quanto riguarda la biodiversità: abete bianco, pascoli e prati alternati a distese di boschi.
L’impatto ambientale determinato dalla ricerca e dall’estrazione del petrolio potrebbe mettere a rischio anche un’area naturale protetta come quella del Parco Nazionale della Val d’Agri: l’ecosistema potrebbe risentirne, soprattutto a livello dei delicati equilibri ambientali che caratterizzano il territorio lucano.
La consistenza delle attività di estrazione del petrolio in Basilicata
In Val d’Agri sono attivi 39 pozzi, dai quali vengono estratti 90.000 barili di greggio e circa 3,5 milioni di metri cubi di gas. Il tutto corrisponde a dei guadagni pari ad una quantità compresa tra i 50 e i 70 milioni di euro l’anno. La Regione e i comuni avrebbero guadagnato complessivamente 800 milioni di euro e non si devono trascurare i benefici economici che le attività apportano nel territorio, considerando anche l’impegno di tutto l’indotto.
Ma come si può restare a guardare di fronte ai danni per l’ambiente? Come il rispetto dell’ambiente può passare in secondo piano rispetto ai guadagni economici? Garantire lo sviluppo del territorio non significa far venire meno la tutela ambientale.
La mappa dei giacimenti di petrolio in Basilicata
Ecco una mappa dettagliata di tutti i giacimenti di petrolio in Basilicata, per avere un’idea più chiara dell’impatto ambientale che l’attività estrattiva è in grado di determinare nel territorio lucano.
La salvaguardia dell’ambiente vale solo 100 euro di benzina
Per gli abitanti della Basilicata ci sono a disposizione 100 euro, un bonus per poter fare un pieno di benzina. Non servono particolari requisiti: basta solo essere residenti nella regione ed avere la patente. Ma perché vengono dati questi soldi? Non si tratta di certo di una generosità, ma più che altro è una sorta di compensazione per l’accettazione dei rischi ambientali e dei danni a cui si va incontro a causa delle estrazioni di petrolio nel territorio. Tra i boschi della Val d’Agri c’è infatti un’ingente quantità di petrolio tutta da sfruttare.
I soldi in cambio dei danni all’ambiente
Il nostro giudizio non può non essere di condanna per un atteggiamento folle, che tiene conto solo del guadagno economico. Le istituzioni, le autorità, chi può deve fare qualcosa. Non è possibile che si possa pensare che un bonus basti a chiudere la questione e a non farne parlare. Quando c’è di mezzo la sostenibilità ambientale non ci sono scuse, perché ne va della vita di tutti noi. Inaccettabile trincerarsi dietro la scusa che, in tempo di crisi economica e di aumento esorbitante dei prezzi dei carburanti, un pieno di benzina possa fare davvero comodo. Il rispetto dell’ambiente viene prima di ogni altro vantaggio.
Estrazione di petrolio: quali rischi ambientali comporta?
L’estrazione del petrolio in un determinato territorio comporta un impatto ambientale forte. Non si tratta soltanto delle fuoriuscite, a cui diverse volte abbiamo assistito nel caso delle maree nere. La ricerca e l’estrazione del greggio sono anche in grado di disturbare tutto l’ambiente circostante.
La principale responsabilità in questo senso deve essere imputata all’attività di drenaggio, che immette diverse sostanze tossiche nell’ambiente, danneggiando, sulla terra come in mare, la catena alimentare. Il petrolio greggio e gli idrocarburi che lo compongono possiedono una grande tossicità, in grado di determinare delle forme di contaminazione ambientale che possono interessare il suolo, l’acqua e l’aria.
In particolare si dovrebbe fare attenzione all’idrogeno solforoso, fortemente tossico e capace di provocare anche danni alla salute. Nell’eventualità di una fuga di questa sostanza i pericoli sarebbero veramente seri.
Il dovere di provvedere all’ambiente
La salvaguardia dell’ambiente rientra in una questione di dovere e di ecoresponsabilità. Se la Basilicata possiede il petrolio, non ci si può comunque esimere dalla responsabilità sociale di fronte a ciò delle estrazioni rischiano di provocare.