L’oro nero segna un altro drammatico disastro ambientale: è il caso dell’inquinamento dell’acqua del fiume Niger. Per avere un’idea precisa delle proporzioni dei danni causati, basta pensare che secondo le Nazioni Unite è necessario impiegare risorse per circa un miliardo di dollari per ripulire interamente l’area.
La causa principale, anche in questo caso, è l’inquinamento da petrolio: basti pensare che la qualità dell’aria è pessima a livelli irrespirabili e, lungo il corso d’acqua fino alla foce del fiume Niger, il risultato è il medesimo: pesci avvelenati, un habitat naturale completamente distrutto. Per la popolazione, inoltre, non vi è più acqua potabile disponibile se non contaminata dalla presenza di idrocarburi, senza contare che nei pozzi sono stati registrati livelli di benzene pari a 900 volte il livello consigliato. Non solo, quindi, un grave impatto ambientale, ma anche una grande preoccupazione per lo stato di salute della gente del luogo.
Il problema, però, è più complicato di ciò che potrebbe apparire, dato che l’attività petrolifera è fonte di reddito vitale per la zona e per questo viene comunque sostenuta, nonostante i gravi danni ambientali.
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