La Nasa, l’ente spaziale americano, nell’ambito di un’interessante missione spaziale conclusa a settembre, non riesce a verificare il contenuto di un importante barattolo e proseguire nella ricerca: vediamo insieme cosa sta succedendo
La Nasa, in collaborazione con la maggior parte degli enti spaziali internazionali, sta portando avanti una serie di progetti e di missioni spaziali che hanno come oggetto una migliore comprensione di alcuni oggetti spaziali. Le informazioni e i dati che possono emergere da queste importanti ricerche in ambito spaziale possono fornire risposte fondamentali per spiegare e comprendere sempre più e sempre meglio alcune delle dinamiche interstellari e la genesi di alcuni corpi celesti che orbitano nella volta celeste, sia vicino che a migliaia di anni luce dal nostro Pianeta. La ricerca spaziale ha implicazioni sempre più dirimenti rispetto alla vita sulla Terra e le conoscenze che via via si riescono ad acquisire diventano preponderanti e imprescindibili per alcuni settori terrestri.
Le missioni si stanno sempre più orientando verso missioni interplanetarie che vadano in esplorazione di corpi celesti come per esempio gli asteroidi, con l’intendo di sottoporli a studi e osservazioni che possano spiegare molte delle incognite che ancora oggi persistono su di essi e sulla loro conformazione e formazione. E’ fondamentale cercare di approfondire gli studi che vanno in questa direzione proprio per comprendere meglio cosa ci troviamo di fronte e da quanto tempo. In questo senso i progressi scientifici e tecnologici hanno fatto sì che si potessero realizzare dispositivi e sonde in grado di arrivare ad eseguire dei prelievi di materiale e detriti per l’analisi strutturale e morfologica. Una delle ultime missioni conclusa a settembre ha riportato sulla Terra un interessante bottino: vediamo di cosa si tratta.
La missione della Nasa
La missione spaziale della Nasa OSIRIS-REx è cominciata nel 2016, con il lancio della sonda che è arrivata a raggiungere il suo obbiettivo, l’asteroide Bennu, nel 2018. Da allora la sonda ha orbitando intorno al corpo celeste raccogliendo dati e informazioni preliminari sulla superficie. Bennu è un asteroide del gruppo Apollo individuato dai telescopi spaziali come un ottimo candidato per raccogliere materiale. La superficie sabbiosa sembrava molto liscia e quindi adatta ad un atterraggio della sonda inviata in modo da poter prelevare campioni da riportare sulla Terra per essere analizzati. L’avvicinamento della sonda però ha rilevato asperità e rocce impreviste che hanno allungato inevitabilmente i tempi della missione.
A circa 320 milioni di chilometri dalla Terra, 3 anni fa, nel 2020, finalmente la sonda spaziale OSIRIS-REx è riuscita a posarsi sull’asteroide Bennu e a prelevare in sicurezza il materiale da esaminare per approfondire nuovi dati su come si formò il nostro sistema solare. Il dispositivo realizzato per raccogliere almeno 60 grammi di campioni di roccia dell’asteroide, è un braccio robotico sofisticatissimo con all’estremità un contenitore cilindrico altrettanto tecnologico, con un meccanismo in grado di effettuare il prelievo, mantenendo un alto livello di isolamento a prova di contaminazione.
Il “barattolo” che non si apre
TAGSAM è il contenitore cilindrico spaziale rientrato sulla Terra a settembre 2023, come ci spiega il Corriere della Sera, con all’interno il prezioso carico di campioni spaziali raccolti dall’asteroide Bennu. In questo momento il lavoro degli scienziati si sta concentrando sull’apertura in sicurezza del barattolo senza compromettere il prezioso carico di materiale prelevato dalla sonda OSIRIS REx. All’atto dell’apertura ben due sistemi di chiusura ermetica si sono bloccati ed ora la sfida e quella di riuscire a forzare l’apertura senza compromettere l’isolamento dei campioni dei detriti di Bennu.
Il sistema di prelievo all’interno del dispositivo di raccolta era stato realizzato ispirandosi ad una sorta di aspirapolvere che potesse aspirare i detriti sollevati da un flusso di gas creato ad hoc per suscitare una piccola turbolenza e creare il sollevamento della polvere da recuperare. Un diaframma posto all’interno ha consentito l’entrata del materiale impedendone l’uscita e conservandolo all’interno del barattolo spaziale. La missione di prelievo è stata un successo tale da intasare il diaframma con la quantità di campioni raccolti.
La capsula rientrata è stata ora trasferita al Johnson Space Center di Houston e gli scienziati e i tecnici stanno affrontando il problema del meccanismo di apertura inceppato. La criticità dell’operazione è ora rappresentata dalla necessità di mantenere inalterate le condizioni di isolamento dei campioni da contaminazioni derivanti dall’ambiente terrestre che invaliderebbero le analisi. Allo studio ci sono soluzioni alternative che prevedano l’uso di strumentazioni nuove che andranno testate sui modelli del TAGSAM con simulazioni ed esperimenti, che garantiscano la buona riuscita dell’intervento di apertura controllata.