Negli Stati Uniti, dopo il caso del Golfo del Messico, si risveglia la paura da inquinamento di petrolio: l’incidente si è verificato nel Montana, dove un oleodotto della Exxon si è rotto e il petrolio è fuoriuscito, straripando nell’acqua del fiume. I responsabile dell’azienda minimizzano, gli ambientalisti sono molto preoccupanti: gli illustri casi precedenti non dovrebbero lasciar tranquillo nessuno.
Ne sono un esempio il caso del Golfo del Messico -con le relative implicazioni a livello di impatto ambientale ancora non completamente definite- e quella dell’Alaska del 1989: in quest’ultimo caso, si trattava della stessa ditta attualmente implicata nel nuovo disastro ambientale.
Non è un barile di petrolio quello rovesciato nel fiume, bensì mille. Si sta ancora tentando di conteggiare i danni reali: non tanto per la quotazione del petrolio, ma molto di più per l’inquinamento dell’acqua e, più in generale, per quello che potrebbe essere l’inquinamento dell’ambiente. Sono state più di un centinaio le persone evacuate dalle loro cause per timore di una esplosione, e per ora le tracce di petrolio sembrano protrarsi per più di 10 miglia, anche se la stima è destinata a salire. Le cause sono le forti piogge e, soprattutto, una struttura con almeno vent’anni di servizio alle spalle e qualche dubbio sulla sua tenuta che però, anche in questo caso, è rimasto inascoltato.
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