Lago Powell (Stati Uniti), la scoperta di resti fossili appartenenti all’epoca giurassica allarma la comunità scientifica: scopriamo perché non sarebbe affatto un buon segno.
Non sempre la scoperta di testimonianze e tracce appartenenti ad epoche passate è da accogliersi positivamente. Talvolta, il ritrovamento di resti fossili è reso possibile solo ed unicamente dai cambiamenti climatici che, giorno dopo giorno, fanno sentire sempre di più i loro effetti negativi.
Una circostanza, questa, che ha visto recentemente coinvolto anche il lago Powell. Si tratta di un lago artificiale originatosi dallo sbarramento del fiume Colorado, tra Arizona e Utah (Stati Uniti). Un team di esperti del St. George Dinosaur Discovery Site, durante un sopralluogo nei pressi della diga, è pervenuto ad una scoperta che, a primo impatto, non avrebbe potuto non entusiasmare gli studiosi.
Tuttavia, ad un esame più approfondito, il fatto che resti fossili appartenenti all’età giurassica siano stati portati alla luce con siffatta facilità è tutt’altro che un traguardo di cui rallegrarsi. Si tratta, infatti, dell’ennesimo danno ambientale procurato dai cambiamenti climatici, e che, in quanto tale, merita di essere approfondito con attenzione.
I paleontologi facenti capo al St. George Dinosaur Discovery Site (in località Johnson Farm) sono pervenuti all’entusiasmante scoperta proprio sulle rive del lago Powell, situato al confine tra Arizona e Utah. Nello specifico, sono stati rinvenuti “teschi, denti e decine di altre ossa di tritilodonti, animali erbivori strettamente legati ai primi mammiferi“.
I fossili, fatti risalire all’epoca giurassica, sono dunque rimasti occultati dalle acque della diga per decine di milioni di anni. Se il cambiamento climatico non fosse intervenuto a metterci lo zampino, con ogni probabilità, le tracce di questi animali preistorici – che hanno abitato il pianeta in epoche a tal punto lontane da noi – non sarebbero mai venute alla luce.
Eppure la scoperta, se da un lato non avrebbe potuto non entusiasmare i paleontologi, dall’altro ci costringe a riflettere sulla portata di eventi catastrofici quali i cambiamenti climatici. La siccità a cui è stato esposto il lago Powell, infatti, è la vera causa che si cela dietro la scoperta del team di esperti.
Il graduale ma costante prosciugamento della diga, nella fattispecie, ha consentito di effettuare i rilievi del caso in corrispondenza della parte più esterna della cresta arenaria. È stato solo a quel punto che i fossili, incastonati tra le rocce, si sono palesati al team di esperti.
Per quanto i paleontologi, come da loro stessi riferito, siano stati colti da un’incontenibile emozione, la scoperta dei resti custoditi dalle rocce di arenaria non è affatto da accogliere in termini positivi. All’opposto, un simile fenomeno andrebbe indagato con una buona dose di allarmismo.
Sebbene i teschi e le ossa ritrovate potrebbero consentire alla paleontologia di aggiungere nuove informazioni a quanto già si conosce dell’era giurassica, da un punto di vista climatico la situazione non manca di destare preoccupazione.
Il lago Powell, negli ultimi anni, ha infatti visto la sua superficie ridursi di quasi due terzi proprio a causa della siccità. L’estate 2022, nella fattispecie, è stato il periodo in cui la diga ha raggiunto il livello più basso mai registrato (le misurazioni sono iniziate nel 1963).
Pertanto, di fronte alle disastrose conseguenze del surriscaldamento globale, persino una scoperta come quella dei paleontologi non ci mette nella condizione di gioire. All’opposto, ci costringe ad interrogarci sulle azioni che potremmo mettere in campo per invertire al più presto la rotta.
La siccità non sembrerebbe aver intaccato esclusivamente il lago Powell. Di fenomeni come quelli che hanno interessato la diga statunitense, infatti, se ne contano fin troppi (e sono disseminati pressoché in tutto il pianeta).
A partire dal lago Maggiore italiano, il quale, già nel 2021, era stato definito “al limite della navigabilità“ proprio a causa della quantità d’acqua sempre più scarsa. Simile la situazione per quanto concerne il lago di Van, situato in Turchia, il cui costante prosciugamento starebbe procurando una preoccupante moria di gabbiani.
A fronte delle suddette casistiche, è evidente il fatto che il ritrovamento dei fossili collocati presso il lago Powell non può (e non deve) affatto rallegrarci. Sebbene la scoperta sia entusiasmante sotto il punto di vista paleontologico, la situazione, se la si guarda da una prospettiva differente, appare più che tragica.
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