Se pensiamo ai materiali green il legno non può non venirci in mente, ma se invece le emissioni dovute alla produzione di legname non fossero così basse?
Piantare un albero per salvare il pianeta: si tratta di uno slogan molto diffuso che sottintende il valore fondamentale che le foreste ricoprono per la salute della Terra. In epoca di cambiamento climatico, emissioni di gas serra giunte ai massimi storici, inquinamento e disastri ambientali, pensare a come preservare l’equilibrio del pianeta è di fondamentale importanza: per questo si fa molto parlare della transizione energetica, che vorrebbe favorire forme di energia pulita a discapito di quella ottenuta da combustibili fossili.
Il legno è davvero un materiale green?
Anche in molti altri ambiti, ad esempio quello edilizio, si tende a prediligere materiali green, che impattino sull’ambiente il meno possibile in termini di emissioni di CO2. In questo senso una delle scelte predilette è sicuramente il legno: materiale (potenzialmente) rinnovabile, versatile, ecologico e a basse emissioni. Inoltre, ripiantando gli alberi si andrebbero a controbilanciare le emissioni dovute alla produzione di legname. Ma se il legno non fosse veramente così sostenibile come siamo portati a pensare?
Tale dubbio è sorto in seguito alla pubblicazione sulla rivista scientifica Nature di uno studio firmato dai ricercatori del World Resources Institute di Washington DC. Essi hanno preso in considerazione i livelli di emissioni di gas serra all’interno di simulazioni che stimano gli effetti della raccolta del legno sul ciclo del carbonio dal 2010 al 2050. In 40 anni, la domanda di legno potrebbe aumentare del 50%, passando da 3,5 miliardi a 5,7 miliardi di metri cubi, suddivisi tra prodotti di lunga durata, prodotti a vita breve e prodotti a vita brevissima.
Le foreste non bastano: bisogna ridurre le emissioni di gas serra
Ciò comporterebbe emissioni stimate di 4,2 giga-tonnellate l’anno di anidride carbonica. A tal proposito, però, è necessario aggiungere una specifica: da questi valori si dovrebbero infatti andare a sottrarre circa 0,9 giga-tonnellate di cosiddetti “benefici di sostituzione”, con cui si indicano i minori livelli di emissioni derivanti da uso di legname rispetto all’utilizzo, per le stesse finalità, di materiali come cemento, acciaio e combustibili fossili. In altre parole: l’uso di legname inquinerebbe, ma non tanto quanto l’uso di altri materiali.
Pensare alla riforestazione come a una scusa per giustificare il ricorso ai combustibili fossili, ritenendo che la produzione di ossigeno da parte delle foreste possa andare a controbilanciare il livello di emissioni di gas serra dovuto a industria pesante e inquinamento, è una mentalità che necessita sicuramente di una revisione.