La scienza ci spiega la longevità e le aspettative di vita che l’uomo può avere nel futuro: vediamo insieme nel dettaglio di cosa si tratta
L’elisir di lunga vita è una chimera rincorsa dall’uomo dai tempi antichi. Gli alchimisti indicavano con questo nome particolare la sostanza che avrebbe dovuto avere virtù prodigiose in grado di prolungare la vita restituendo la giovinezza ed arrivare addirittura all’immortalità. Un mito tramandato nei secoli dei secoli con soluzioni definite magiche tratte dal folklore delle culture di tutto il mondo e culminate con la ricerca della fonte dell’eterna giovinezza. una protagonista assoluta è stata la cosiddetta “Pietra Filosofale” che si ritenesse essere in grado di tramutare i metalli in oro e servisse anche a produrre il portentoso elisir.
Elemento mitologico della cultura greca classica assieme all’ambrosia, il nettare degli dei, l’eterna giovinezza percorre i secoli arrivando ad essere bramata da valorosi cavalieri attraverso la ricerca del Sacro Graal, il calice di Cristo. Dall’altra parte del mondo la mitologia cinese invece tramanda la conoscenza del “fungo dell’immortalità”, mentre dall’India arriva il “soma” una bevanda fermentata ritenuta miracolosa derivante alla linfa della pianta chiamata Asclepias, ma la ricetta è andata perduta. La ricerca della fonte della eterna giovinezza ha interessato dunque tutti i popoli tanto da avere una versione dello stesso mito in molte differenti culture molto distanti fra loro e la sua ubicazione passa dall’Etiopia all’Amazzonia, Dal Medio oriente all’Asia centrale.
L‘umanità, dunque, ha sempre aspirato a vivere più a lungo, spostando via via l’asticella sempre più in là, attraverso, però, i progressi scientifici e lasciando perdere i miti degli alchimisti del passato. Oggi la biogerontologia molecolare è la scienza che si occupa proprio di questo particolare aspetto, concentrando gli studi sulla progressiva eliminazione dell’invecchiamento cellulare. Secondo il professore Joao Pedro de Magalhaes sta tutto nella capacità di riparazione dei danni del DNA degli organismi viventi. Tale deduzione proviene dagli studi effettuati sugli animali considerati più longevi che presentano tale specifica peculiarità.
Geni preziosi quindi quelli della balena artica che è in grado di sopravvivere per oltre duecento anni, o il cosiddetto p53, presente negli elefanti, resistente ai tumori. Il progresso scientifico va dunque nella direzione di produzione di farmaci che possano migliorare la longevità umana, riprogrammandone le cellule e modificando i geni dell’invecchiamento. La tecnologia capace di effettuare questo non è ancora alla nostra portata, ma lo studioso è certo che un giorno ci arriveremo. Lo sviluppo della cura dell’invecchiamento è alla portata del prossimo futuro biomedico.
L’ipotesi su cui lavora il professore di biogerontologia è quella della riprogrammazione del DNA umano in quelle parti che involvono con il procedere dell’età dell’uomo diventando dannosi. Bloccando tale involuzione e consentendo ad alcuni tessuti di mantenere la propria funzionalità si potrebbe arrestare l’invecchiamento o per lo meno controllarlo. Una sorta di reset del programma genetico con l’aspettativa di vita che si allunga ipoteticamente a migliaia di anni.
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