Il mango negli anni Sessanta del Novecento era diventato un oggetto di venerazione, durante la rivoluzione culturale di Mao
Si deve partire necessariamente dalla storia e dalla contestualizzazione. Ed anche su questo ci sono ricostruzioni discordanti. Il fatto è che da un certo punto in poi l’immagine del mango, frutto non autoctono della Cina, iniziò ad essere presente in tutti gli oggetti. Sotto formaldeide, fatto di cera, dipinto sui piatti. Ed a prima vista questo fenomeno collettivo sembra piuttosto singolare. A maggior ragione perché sembrò un’isteria collettiva che cessò con la stessa rapidità con cui si diffuse.
Al centro della vicenda si trova Mao Zadong e la sua rivoluzione culturale, che grazie al libretto rosso, invase la Cina in poco tempo. Erano gli anni Sessanta del Novecento. Ed il successo istantaneo del mango, frutto mai visto in precedenza, lo fece diventare immediatamente un simbolo della rivoluzione culturale e del partito.
Ci sono delle ricostruzioni differenti. La più avvalorata è che il Ministro degli esteri del Pakistan portò a Mao in dono del mango, originario della sua terra. Il leader del Paese non amava molto la frutta, e dunque regalò i frutti agli operai di una fabbrica che erano sopravvissuti ad un conflitto in difesa della rivoluzione culturale. Come ogni movimento politico, anche la rivoluzione culturale aveva bisogno di un simbolo, e per un po’ fu il mango. Gli operai erano talmente esaltati ed eccitati da questo frutto esotico che non sapevano come rendergli il giusto valore. Alla fine decisero di non mangiarlo, ma di venerarlo e metterlo sotto formalina. Da quel momento tutti i piatti, le brocche ed altre ceramiche rappresentavano il mango. Solo che la passione collettiva durò poco più di un anno.
Se si gira nei mercatini dell’antiquariato di Pechino si possono trovare ancora vasi ed oggetti con le raffigurazioni del mango, o anche il frutto in cera. Solo che rimane orgoglio del Paese, anche se relegato alla storia passata. Dunque sono articoli che non vengono assolutamente venduti ai turisti, ma solo agli estimatori locali. Certo, è paradossale che il simbolo di un Paese nazionalista fosse proprio un frutto esotico.
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