[galleria id=”121″]Secondo una nuova pubblicazione dell’Iucn, presentata a Washington nel corso dell’International Marine Protected Area Congress, le aree marine protette rappresentano una fonte di ricchezza non indifferente grazie ad una pesca regolamentata e alle attività turistiche.
La prova è stata fornita da una serie di rilevazioni condotte nel corso degli anni. Ad esempio alle Hawaii nel 1999 era stata creata una rete di aree marine protette lungo le coste delle isole per proteggere le popolazioni ittiche dalla sovrappesca. Nel giro di appena dieci anni, gli introiti della pesca sono tornati ai livelli di 40 anni fa. Segno evidente che non sottoponendo a pressione eccessiva i pesci, le loro popolazioni possono riprendersi anche dal punto di vista della taglia e del numero di individui.
Nelle Filippine, le entrate dei pescatori che operano nel parco marino di Kulape-Batu-Batu sono cresciute del 20%. Quindi le limitazioni imposte alla pesca rappresentano un vantaggio dal punto di vista economico poiché da un lato permettono agli stock ittici di riprendersi, dall’altro consentono alle aree prescelte di diventare luoghi di elezione e di richiamo turistico. Il tutto si traduce in un benessere diffuso per le comunità locali, soprattutto se parliamo di turismo sostenibile. Proteggere gli oceani significa difendere la biodiversità ma anche l’economia delle popolazioni locali. Fino ad ora è protetto solo l’1% della superficie marina ma in base alla Convenzione Onu sulla Diversità Biologica entro il 2010 si dovrebbe arrivare al 10%.
Immagini tratte da:
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nuke.time-zone.it
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