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Marea nera nel Golfo del Messico, la compagnia petrolifera è salva

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marea nera golfo del messico bpQuanto avvenuto marea nera nel Golfo del Messico si può sicuramente considerare come uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi tempi, soprattutto in relazione ai danni ambientali causati. Nonostante siano passati diversi mesi dall’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, la conta dei danni continua ad essere aggiornata, così come gli enormi problemi causati all’ecosistema. Se ricordate, comunque, è stato evidente sin dall’inizio che si sarebbe trattata di una tragedia dalle proporzioni immense. Se l’attenzione dei media è calata, infatti, questo non vuol dire che si siano già riusciti a smaltire gli effetti dei 500 milioni di litri di petrolio sversati in mare.

Il processo alla Bp per il disastro ambientale non porta buone notizie
Non arrivano buone notizie dal processo alla BP, la nota compagnia petrolifera per i tristi fatti della tragedia del Golfo del Messico. Il giudice distrettuale di New Orleans, infatti, ha proceduto ad un ulteriore rinvio del processo, un rinvio molto pericoloso perché rischia di consegnare alla storia e alla comunità un nulla di fatto, nessun punito per questo disastro ambientale. Il rinvio, previsto per il 14 gennaio 2013, non è funzionale per arrivare a una soluzione giusta ed equa: le prove possono non essere più così rilevanti, i ricordi si faranno più sfocati e nebulosi. Questo mette gli Stati Uniti d’America in una posizione di maggiore debolezza nei confronti della BP. C’è preoccupazione soprattutto per i risarcimenti a cui l’azienda dovrebbe far fronte per gli incalcolabili danni creati al settore del turismo e della pesca, attività vitali per quelle zone.
Nel frattempo, però, la compagnia dovrà comunque versare 7,8 milioni di dollari per contribuire alla sistemazione dei danni strutturali arrecati, e ulteriori 125mila dollari per attività private seriamente messe in difficoltà a causa della marea nera. Cifre ingenti, ma comunque molto inferiori al danno procurato. Se la BP dovesse infatti rispondere di negligenza e di comportamento contrario al Clean Water Act, infatti, il risarcimento totale dovrebbe aggirarsi intorno ad una cifra che supera i 17 miliardi di dollari.
Per salvare l’economia locale potrebbe intervenire Obama, che con la sua campagna elettorale in corso potrebbe cercare e reperire fondi nel settore privato per stipulare interessanti accordi con le popolazioni locali, allo scopo di rilanciare la zona anche a livello turistico. Ma basterà questo per far mettere a tacere il dolore e i soprusi causati dalla BP?
Il lungo processo contro la BP e le richieste di risarcimento
Iniziò dopo quasi due anni dalla marea nera che ha causato un disastro ambientale presso il Golfo del Messico il momento del processo alla Bp, la grande azienda inglese dell’energia, che avrebbe dovuto risarcire una grossa somma di denaro per la tragedia ambientale che ha determinato. Il processo è stato inizialmente rinviato al 5 marzo, in modo che potessero continuare le trattative, le quali eventualmente arrivare ad un accordo.
Il risarcimento a carico della Bp sarebbe potuto andare andare dai 15 ai 30 miliardi di dollari in base alle stime che effettuate.
Tutto accadde il 20 aprile 2010, quando in mare finirono circa 5 milioni di barili di petrolio. La Bp poteva prendere in considerazione l’ipotesi del risarcimento oppure poteva interpellare un giudice federale che avrebbe dovuto tenere in considerazione le deposizioni.
Eric Schaeffer, direttore dell’Environmental Integrity Project di Wasshington, ha spiegato: “Qualunque sia la decisione il caso della marea nera passerà alla storia come il disastro ambientale più costoso di sempre, superando di gran lunga quello causato della Exxon Valdez nel 1989, quando una petroliera dell’ExxonMobil si incagliò nel golfo di Alaska disperdendo in mare oltre 40 milioni di litri di petrolio”.
La legge federale prevede un minimo di 1.100 dollari per ogni barile versato, disponendo una quadruplicazione delle cifre per le compagnie che vengono ritenute colpevoli. Si tratta di una legge specifica contro l’inquinamento delle acque.
Anche i ricercatori scientifici cercano di stimare i danni della Marea nera
A cura di Gianluca Rini
Sono passati quasi due anni dall’incidente nel Golfo del Messico e ancora si contano i danni della tragedia. Questa volta i problemi riguardano le tracce di petrolio che sono state trovate nella catena alimentare.
Un gruppo di ricercatori dell’Università dell’East Carolina, negli Stati Uniti, ha condotto uno studio relativo alla composizione di alcuni microorganismi che sono stati in precedenza prelevati proprio dai luoghi del disastro.
E questi microorganismi, che costituiscono la base della catena alimentare, risultano contaminati da tracce di petrolio. Sembrano non esserci dubbi sulla provenienza di queste tracce di petrolio. Gli studiosi dicono con certezza che si tratta del petrolio della Bp.
La sicurezza deriva dal fatto che il petrolio è composto da tanti elementi chimici che risultano diversi tra di loro, e quindi analizzando con precisione tutte le componenti delle tracce nei microorganismi si può risalire con certezza alla tipologia ed alla provenienza del petrolio.
Addirittura grazie a queste analisi è possibile scoprire il pozzo preciso dal quale proviene il petrolio. E, secondo quanto spiegato dal gruppo di ricerca che ha condotto l’analisi, il petrolio trovato nei microorganismi importantissimi per la catena alimentare proviene proprio dal pozzo di Macondo.
Si tratta proprio del pozzo petrolifero che è stato protagonista del disastro di due anni fa al largo del Golfo del Messico, un disastro che aveva subito fatto temere il peggio dal punto di vista della conservazione ambientale. E forse tutto questo si è verificato e si sta verificando.
Naturalmente gli studiosi sono in allarme, considerando che, trattandosi di esemplari di microorganismi, zooplancton, che sono praticamente alla base della catena alimentare, il passo verso la contaminazione di altre specie animali potrebbe essere davvero breve.
Nel luogo della marea nera del Golfo del Messico nuove trivellazioni della Bp

Si ritornò a toccare l’argomento perché la Bp aveva ricominciato ad effettuare delle trivellazioni proprio nel luogo in cui qualche tempo fa si era verificato il famoso disastro ambientale. L’autorizzazione era arrivata da parte delle autorità federali, che hanno fornito alla Bp il permesso già alla fine del mese scorso. Inizialmente si era proceduto allo scavo di un pozzo esplorativo a 1.800 metri di profondità al largo della Louisiana.
In tema di oro nero e inquinamento del mare quello del Golfo del Messico è stato il peggiore disastro petrolifero che possa essere ricordato. Ecco perché rimangono delle paure riguardo alla sicurezza che è possibile garantire. Da questo punto di vista viene spiegato che la Bp è in grado di offrire ogni misura di sicurezza in nome della tutela ambientale.
 
L’inquinamento dei 15 milioni di litri di petrolio nel Golfo del Messico è stata una vera tragedia. I danni per l’ecosistema non si contano. Tra l’altro la marea nera ha avuto delle conseguenze sulla catena alimentare.
 
Proprio per questo non si possono trascurare le misure di sicurezza. E il discorso vale per tutte le aziende petrolifere, per le quali sono stati previsti permessi relativi al Golfo del Messico: Shell, Exxon, Noble Energy, BHP Billiton, ATP Oil and Gas e Chevron.
 
Tutto ciò è fondamentale, per evitare che si ripetano altre emergenze ambientali, come quella della marea nera, e per garantire il pieno rispetto dell’ambiente contro gli effetti terribili dell’inquinamento.

Gianluca Rini

Gianluca Rini è stato collaboratore di Ecoo dal 2010 al 2019, occupandosi di alimentazione sana, riciclo creativo ed ecologia.

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